Tomatis: canto e orecchio elettronico
Tomatis e gli effetti terapeutici del canto
compilazione a cura di Marco Stefanelli
Il canto regola, rafforza e intensifica la respirazione, favorisce lo sviluppo del sistema uditivo, fa vibrare il corpo e tonifica e calma il sistema nervoso, rivitalizza gli organi interni e vivifica tutto il sistema ghiandolare endocrino, amplifica e ottimizza il campo elettromagnetico. La voce riflette lo stato fisico, emotivo e spirituale, quindi lo stato di salute globale.
Il medico otorinolaringoiatra francese Alfred Tomatis, uno dei maggiori studiosi del suono dal punto di vista medico, fondatore dell’audiopsicofonologia ed esperto conoscitore del rapporto suono-vita, ha studiato approfonditamente gli effetti terapeutici del canto. Le sue ricerche in Francia e in Canada hanno messo in rapporto l’udito con le dinamiche del corpo e della mente. Al contrario della comprensione popolare, dice Tomatis, “l’orecchio è un organo primario di consapevolezza”. E’ inteso essenzialmente per provvedere una carica di potenziale elettrico al cervello. La corteccia poi distribuisce in tutto il corpo la carica che ne deriva.
La conclusione di Tomatis è che l’orecchio non è un pezzo differenziato della pelle, piuttosto, la pelle è un pezzo differenziato dell’orecchio. Le alte frequenze sembrano avere il maggior effetto ricaricante. I suoni nelle basse frequenze possono “scaricare” o stancare gli ascoltatori. Questo è il segreto del canto delle alte frequenze.
Il dr. Tomatis sostiene che i canti sacri siano ricchi di armonici ad alta frequenza con effetti neurofisiologici sul cervello umano. Una delle funzioni principali dell’orecchio è quella di stimolare la corteccia cerebrale e al 95% la carica totale del corpo attraverso la ricezione del suono. Tomatis ha esaminato il suono dei canti Gregoriani con un oscilloscopio ed ha rapportato che cadevano entro il raggio dei suoni ricaricanti e contenevano tutte le frequenze dello spettro vocale, da 70 cicli al secondo fino a 9000 cicli al secondo. Queste frequenze si possono riscontrare anche negli accordi ad una voce dei monaci tibetani. Inoltre, erano come uno “yoga respiratorio”, dice Tomatis, “Coloro che cantavano sembravano rallentare il loro respiro e inducevano gli ascoltatori nello loro stesso stato di tranquillità”.
Tomatis ha visitato monasteri Benedettini in tutto il mondo per studiare i monaci che praticano i canti Gregoriani. Ad un ritiro in Francia, un giovane frate stava riformando la tradizione; tagliò severamente il tempo che i monaci dedicavano al canto e notò che presto cominciarono a diventare più svogliati e a dormire di più. Inoltre, un medico consigliò agli uomini di seguire una dieta tradizionale e questo fece peggiorare le cose. Fu chiamato Tomatis che reintrodusse il lungo orario di canto. Presto, disse, stavano dormendo meno, lavorando di più e si sentivano meglio.
“Certi suoni sono efficaci come due tazze di caffè. I canti Gregoriani sono fonti di energia fantastici. Io ci lavoro come musica di sottofondo e dormo solo tre o quattro ore a notte”.
Ciascun essere è immerso in una struttura sonora che lo scolpisce. Il suono, cioè il silenzio, le sue diverse modulazioni, ed i rumori che ne interrompono la trama, non si indirizza solamente all’orecchio ma interessa tutto il corpo.
È quello che spiega il prof. Tomatis in un’intervista con Alain Gerber(24) della rivista Son:
“Son Magazine: Professore, nei suoi libri ed articoli sull’orecchio, l’ascolto, il linguaggio e tutti i problemi connessi, emerge un concetto, quello dell’immagine del corpo. Può spiegarci in cosa consiste?
Prof. Tomatis: In effetti è una domanda molto importante. Il concetto “immagine del corpo” è un’espressione molto usata da coloro che si interessano di psicologia. Ma se voi grattate la vernice, potrete scoprire che dietro l’espressione utilizzata vi è una grande ignoranza del problema, o perlomeno delle espressioni molto vaghe, nella maggior parte dei casi, sbagliate. Bisogna ben comprendere, in primo luogo, che non si tratta della immagine del corpo come possiamo riprodurla in una fotografia. E non si tratta nemmeno di questa immagine sensibile e materializzata che sorge con il toccare. L’immagine del corpo in effetti è l’immagine che ognuno si fa di sé, o più precisamente il “concetto integrato” che ognuno si fa di se stesso in quanto schema corporale. Un’immagine, e lo sottolineiamo, è il più delle volte differente da quella che dovrebbe essere un’immagine obiettiva. La prova è che in certe fotografie noi facciamo difficoltà a riconoscerci. Gli altri ci identificano immediatamente, ma noi siamo imbarazzati perché non è quella l’idea che abbiamo del nostro corpo, del nostro portamento. Fate questa esperienza: presentate a qualcuno una sua fotografia presa a sua insaputa che lo raffiguri di schiena, non vi stupirete se farà fatica a riconoscersi.
Son: Esiste un modo di rendersi conto dell’immagine che un individuo può avere di sé?
Tomatis: Sì. Non è certamente perché voi avete un’immagine del corpo dell’altro che siete Colpito da come si comporta, da come si tiene, etc.? Ora come questa persona si mostra, la sua posizione, sono in dipendenza diretta dell’immagine che egli si è fatta di sé. Con un poco di esperienza voi potete affermare che una persona che vedete per la prima volta è sordo o balbuziente o schizofrenico. Per ciascuno di questi soggetti esiste un certo modo di camminare e le attitudini posturali che rispondono in maniera precisa ad un’immagine del corpo molto particolare, imposta, in parte, dal deficit che li ha colpiti.
Son: Vi è quindi necessariamente un rapporto fra l’immagine e certe disposizioni interne somatiche o mentali?
Tomatis: lo direi che per l’uomo l’immagine del corpo è determinata dall’utilizzazione del suo campo neuronico, utilizzazione che varia per ciascun individuo, a seconda dei fattori accidentali (come la sordità o la psicosi), che li distinguono gli uni dagli altri. Noi siamo dei sistemi nervosi ricoperti da una guaina somatica. L’immagine si costruisce partendo da ciò che funziona per il meglio. Questo può essere la testa, ma anche i piedi. Nei calciatori è evidente, l’immagine del corpo privilegiata è quella degli arti inferiori, mentre per un intellettuale, che resta seduto nel suo studio tutto il giorno essa è diversa. Nei giocatori di bigliardo è ancora ad un altro livello che si sviluppano la maggior quantità di neuroni.
Son: Si può quindi dire che, in una certa misura, l’immagine del corpo del calciatore integra il pallone, e che quella del giocatore di bigliardo integra la stecca?
Tomatis: E’ proprio così. Se uno è un grande musicista deve avere integrato il suo strumento. Il violino o il piano o qualsiasi altro strumento deve divenire il prolungamento diretto del corpo, come se esso stesso fosse equipaggiato dai neuroni di quello che lo suona. L’uomo che conduce la sua vettura ha un’immagine molto differente da quello che invece cammina, perché in una certa maniera questa immagine si estende fino ai pneumatici: “fa corpo con il suo veicolo” si dice spesso.
Son: Ma vi è una differenza netta fra i piedi, i pedali o le ruote…
Tomatis: Senza dubbio, ma bisogna dire che l’immagine del corpo è via via più difficile da distinguersi se saliamo verso la parte superiore del corpo. Se vi domando dove finiscono i vostri piedi e dove incominciano le vostre scarpe, saprete certamente rispondermi. Se vi domando il confine fra i vostri vestiti ed il vostro corpo, avrete già più difficoltà, e se vi chiedo dove finisce il vostro cranio e dove cominciano i vostri capelli non saprete rispondermi.
Son: Per ritornare all’esempio del musicista bisogna pensare che il suo modo di suonare è determinato da elementi corporali e neuronici?
Tomatis: Se chiedete ad un virtuoso di improvvisare, e modificate nello stesso tempo il campo neuronico che utilizza, constaterete che la sua improvvisazione sarà perturbata. Grazie all’Orecchio Elettronico si può modificare il suo modo di ascoltare. Si osserverà, allora, che se imponete un diagramma uditivo molto ampio, egli suonerà in modo tale che le sue braccia danzeranno su tutta la tastiera. Imponendogli al contrario un campo molto ristretto le sue mani saranno sempre in contatto. Si può agire anche sul filtro che fa passare la banda di frequenza, per esempio dai gravi agli acuti, le sue mani seguiranno lo stesso percorso.
Son: Come si forma l’immagine del corpo?
Tomatis: In breve, il nostro corpo è circondato da una struttura fatta di stimoli e impulsioni che eccitano tutti i suoi punti. Poco a poco la somma di queste eccitazioni e pressioni compone un’immagine integrata, una immagine che, in qualche modo, disegna il corpo nella sua totalità. Possiamo meglio sentirlo, se ci immergiamo in una superficie di acqua agitata e con onde. Quando le onde ci toccano noi possiamo sentire meglio il limite del nostro corpo.
Son: Voi dite anche che l’immagine del corpo è la conseguenza del linguaggio.
Tomatis: Sì, potrete comprendere tutto quando vi preciserò che le pressioni e gli eccitamenti in cui è immerso il corpo sono “acustiche”. Ciascun essere è immerso in una struttura sonora che lo scolpisce. Il suono, cioè il silenzio, le sue modulazioni ed il rumore che ne interrompe la trama non si indirizzano solamente all’orecchio, ma tocca tutto il corpo. L’orecchio, certamente, ne è divenuto il captatore principale, ma si tratta solo di una differenziazione progressiva, derivata da una zona di pelle che all’origine non si distingueva dalla superficie cutanea.
L’aria non smette di muoversi, di essere animata da movimenti di rotazione ed il nostro corpo nella sua totalità ne subisce le conseguenze. Il fatto di vivere nel suono, e più precisamente in quello che possiamo emettere, “il linguaggio”, imprime sempre tutta una serie di piccoli impulsioni, tocchi, su tutta la nostra immagine corporale, su tutto il nostro sistema nervoso periferico. In funzione del modo di parlare, del timbro della nostra voce, noi andiamo a toccare più o meno intensamente alcune parti del nostro corpo. E’ evidente che la loquacità scolpisce alcune superfici privilegiate: il viso, la faccia anteriore del torace e del ventre, le palme delle mani, la faccia dorsale della mano destra fra pollice ed indice, la parte interna delle membra inferiori soprattutto a livello del ginocchio, la pianta dei piedi.
Son: Vi è una ragione particolare per tutto questo?
Tomatis: Certamente. Il linguaggio sensibilizza poco a poco tutte le zone sensoriali più facilmente toccate dalla fonazione. E le zone più favorevoli a queste informazioni risiedono soprattutto là dove particolari fibre nervose specializzate a percepire gli stimoli pressori, sono più dense. Allora la verticalità è necessaria per offrire la più grande superficie possibile agli stimoli sonori, se vogliamo sviluppare il nostro linguaggio. E la postura verticale non è la migliore.
Son: Quale è la postura più favorevole?
Tomatis: Quella che gli Yogi chiamano l’Asana del loto. Ci sarebbe molto da dire a riguardo.
Son: A seconda che noi siamo intellettuali o calciatori, la nostra voce non va dunque a toccare le stesse parti del corpo?
Tomatis: Assolutamente! Se ascoltate un corridore ciclista dire che farà certamente meglio alla prossima corsa, potrete ascoltare una voce sorda, poco ricca in acuti. Perché parla a quella sua parte che funziona meglio, che è il centro della sua attività, della sua vita. Quest’uomo vive certamente nelle sue gambe. Ora è necessaria una voce grave per toccare la parte inferiore del corpo. E certamente la voce di un benedettino non ha niente a che vedere con quella di un carrettiere.
Son: La cosa migliore non sarebbe quella di potere toccare con la voce tutte le superfici corporali?
Tomatis: Sì, e certe ascesi aiutano a farlo. Gli Yogi tibetani cercano di ottenere questo suono omogeneo capace di toccare il corpo nella sua totalità.
Son: Come può succedere ciò?
Tomatis: E’ impossibile entrare nei dettagli di questa tecnica ascetica così complessa. L’importante è ricordare che la voce cambia. Perché? Perché essa non tocca solamente il corpo dall’esterno, ma anche tutta la struttura ossea. Emettere un suono è fare vibrare l’aria esterna, senza dubbio. Ma questa vibrazione non si ottiene solamente facendo uscire tutto dalla bocca, lanciando degli stimoli attraverso questo orifizio. Molti credono che sia così, ma è a causa di questo che non sanno parlare. Nello stesso tempo i cattivi cantanti, spingono sulla loro laringe come sull’imboccatura di una tromba. Mentre colui che canta bene, utilizza tutto il suo corpo come uno strumento straordinario, che prende a vibrare per mezzo dell’appoggio della laringe sulla colonna vertebrale. E infatti, è la colonna che canta, e che cantando, fa vibrare tutto il corpo fino al cranio. Il vero suono esce da tutto il corpo, e non solamente dalla bocca. Aristotele e Platone dicevano che cantare e parlare era fare vibrare all’unisono l’aria che è all’esterno con quella che è all’interno: avevano compreso tutto!
Son: Se l’immagine del corpo è la conseguenza del linguaggio, migliorando la parola si può rimodellare il corpo?
Tomatis: In effetti, con una buona voce ci si può rimodellare completamente. Ed è in funzione della voce che noi possiamo integrare la struttura del nostro corpo e modificarla. Vi voglio dare un semplice esempio. Prendete un piccolo italiano di Napoli, un inglese filiforme ed un tedesco tarchiato. Trasportateli negli U.S.A.: in capo a qualche tempo essi avranno acquisito una morfologia identica. Cambiando lingua cambiano viso. La loro testa sarà più piatta, più allungata come quella degli indiani che sono là da più tempo. L’elemento determinante in questo cambiamento è il suono, che modella l’essere nella sua totalità. E preciso che a mio avviso, il suono che noi formiamo va a toccare elettivamente le ghiandole endocrine. Come sono le ghiandole endocrine, quello che tentano di toccare certe ascesi orientali.
Son: La voce può veramente toccare tutte le parti del corpo? La schiena per esempio?
Tomatis: Si può fare vibrare la schiena con un poco di esercizio. Gli asceti lo sanno fare molto bene.
Son: Gli occidentali hanno dunque interesse a studiare queste tecniche?
Tomatis: Senza dubbio. Ciò è già stato impiegato nel teatro. Tutto il teatro di Jerzi Grotowsky consiste nel cercare di fare vibrare questa o quella parte del corpo, per esempio facendo la parte del leone, ed emettendo suoni, gridando. Il personaggio lanciato in questa improvvisazione finisce per avere, in una certa misura, le sembianze del leone o dell’animale feroce che sta rappresentando! E siccome questo teatro è basato sulla partecipazione collettiva, il pubblico stesso, ad un certo momento, viene ad assumere questa o quella sembianza.
Son: E’ dunque possibile imporre agli altri la propria immagine del corpo?
Tomatis: Vi rispondo con un nuovo esempio. Mi sono recato recentemente in Africa del Sud per un consulto su un soggetto balbuziente, e non ero solo. Questi aveva sedici anni e possedeva una dinamica straordinaria. Era un soggetto estremamente brillante, ma affetto da una balbuzie molto importante, che si accompagnava a dei movimenti scoordinati. In capo a qualche tempo, tutti si muovevano come lui, con gli stessi gesti. Il più sorprendente era l’interprete che era più coinvolto nel linguaggio di questo soggetto. L’immagine del corpo di questo soggetto era così forte che nel corso di questa consultazione ce lo aveva imposto a tutti.
Son: E’ la ragione per la quale in presenza di certi balbuzienti noi cominciamo a balbettare?
Tomatis: Esattamente. Ciò avviene quando la personalità è forte. Nello stesso modo un buon cantante vi euforizza: in poco tempo è come se voi stessi cantaste; il vostro respiro si espande, il vostro viso si distende. In presenza di cantanti mediocri voi soffrite. E farete come fa lui, spingerete sulla vostra laringe e non mi stupirebbe che in capo a qualche tempo voi lo considererete come se vi avesse fatto un affronto personale. E possiamo andare anche più lontano: se un soggetto pronuncia davanti a voi qualche frase potrete vedere il suo modo neuronico di utilizzare il suo corpo.
Son: Con ciò si può dedurre che noi siamo scolpiti non solamente dal suono messo da noi, ma anche da quello emesso dagli altri?
Tomatis: Certo, ed è questo l’interesse della musica.
Son: Un dialogo, secondo questa prospettiva, avviene perché due persone si mettono in vibrazione l’uno con l’altro?
Tomatis: E’ così. Noi trasmettiamo il nostro linguaggio con tutto il corpo. E quello che noi desideriamo trasmettere originariamente, non sono i modi, ne dei suoni, ma delle sensazioni profondamente sentite, profondamente vissute in noi dai nostri neuroni sensoriali. Ho scritto che ciò che desideriamo comunicare sono le impressioni tattili che la nostra parola fa correre sulla nostra chiave sensoriale. Senza saperlo, trasmettiamo gli stessi accordi al nostro interlocutore, che inconsciamente fa funzionare la propria chiave ad immagine della nostra, cosicché entreremo in risonanza. E’ quello che succede quando voi avete due piani e suonandone uno voi fate vibrare anche il secondo. E’ curioso notare che Lao-Tze aveva detto tutto questo con l’esempio delle due arpe.
Son: Per una larga parte la qualità della comunicazione fra due individui dipende dunque dalla compatibilità delle loro immagini corporali?
Tomatis: Sì, ed ho potuto verificarlo sperimentalmente. Grazie ai miei filtri ho imposto a due soggetti delle curve uditive identiche, poi li ho lanciati in una spinosa discussione: non sono entrate in disaccordo! Poi ho invertito le curve e ho iniziato un dialogo sul tempo che faceva: un quarto d’ora dopo stavano litigando. Ciò dimostra fino a quale punto il mentale è influenzato dal corpo e quanto a sua volta modifichi il linguaggio dal quale è scolpito. Questo sistema funziona nei due sensi: c’è una interazione fra mentale e corpo. Quale dei due è all’origine del processo d’interazione è cosa difficile da dire. Riassumendo, l’immagine del corpo è l’integrazione che uno si fa dell’utilizzo di sé. Ma è anche il modo di rapportarsi all’altro.
Son: Allora il fondo del problema è neuronico, ma altri elementi intervengono dall’esterno. Si può invocare l’influenza dell’interlocutore. Si può anche richiamare quella che è definita l’impedenza del mezzo.
Tomatis: Naturalmente. Questo gioca molto e ci può essere uno sviluppo da fare in questa direzione. Potremmo sollevare dei problemi sulla architettura. Alloggiare in un medesimo locale un musicista ed un ciclista è un non-sense! Fintanto che l’architettura non si adatterà all’individuo ci scontreremo con questo ostacolo. Bisogna arrivare a personalizzare queste strutture per non impedire alla maggior parte dei soggetti di trovare l’armonia, la perfetta manifestazione del loro corpo, della parola, del pensiero.
Son: Vorrei porvi un’ultima domanda: la buona immagine del corpo è quella che permette l’espressione dell’essere?
Tomatis: Questo problema è giustamente uno di quelli in cui si dibatte la psicologia moderna. Ed è stato al centro di tutte le ascesi orientali di cui vi ho parlato. I persiani hanno dato delle risposte interessanti. Quello che bisogna ricordare è il concetto di armonizzazione fra i differenti piani di un individuo. Per esempio quello psichico, intellettuale e spirituale (ma si possono fare delle classificazioni differenti). Bisogna che l’immagine del corpo sia omogenea con tutte le parti che lo compongono. Coloro che hanno delle distorsioni sul piano corporale o spirituale, o che hanno soprattutto delle distorsioni fra i vari livelli di cui abbiamo parlato, possiamo essere sicuri che proveranno delle difficoltà ad adattarsi al mondo e a se stessi. In ogni caso una buona immagine del corpo è quella che realizza una unione fra il corpo reale e corpo immaginato: è l’immagine grazie alla quale uno può sentirsi se stesso fino al suo ultimo atomo. Una buona corrispondenza fra l’immagine ed il reale del corpo è essenziale nella misura in cui, come ho tentato di dimostrare, il comportamento dell’essere dipende in grande parte dall’immagine che ci si fa del rivestimento somatico”.
(24) Prof. A.A. TOMATIS, Le son modifie la structure du corps, Magazine SON, n. 40, luglio- agosto 1973. (traduzione di Concetto Campo)
L’orecchio elettronico di Tomatis
da tomatis-italia.ovh
PRINCIPI DI BASE DI FUNZIONAMENTO DELL’ORECCHIO ELETTRONICO A EFFETTO TOMATIS
Tutto inizia più di cinquanta anni fa, dal confronto di due serie di osservazioni. In qualità di otorinolaringoiatra e figlio di un cantante lirico, Tomatis si ritrova a trattare molti artisti con la voce rovinata. Nello stesso periodo però, Tomatis dirige i Laboratori di Acustica dell’Aeronautica Militare Francese, dove deve esaminare le persone che hanno avuto l’udito deteriorato lavorando ai banchi di prova dei reattori supersonici, per sapere se bisogna indennizzarli. Contemporaneamente al danno acustico, Tomatis osserva molto spesso una deformazione molto netta della voce e si chiede se l’udito danneggiato non sia la causa dei problemi della voce, anche nel caso dei cantanti, nei quali il danno acustico potrebbe essere stato causato dalla loro stesso voce utilizzato ad alto volume in ambiente acustico inappropriato.
Approfondendo le sue osservazioni, Tomatis è colpito dal parallelismo esistente tra l’esame audiometrico dei soggetti esaminati e la curva di inviluppo dell’analisi spettrale della loro voce: inizia allora una serie di sperimentazioni portanti sulle reazioni e contro-reazioni dell’udito sull’emissione vocale.
Per far ciò utilizza due montaggi:
– uno che permette di visualizzare la scomposizione armonica dei suoni emessi (analisi spettrale) attraverso l’utilizzo di un microfono e di un analizzatore.
– l’altro che dà la possibilità di modificare a piacere l’ascolto del soggetto partecipante all’esperimento; la sua voce è captata da un secondo microfono collegato a un amplificatore le cui caratteristiche di risposta a livello della cuffia indossata dal soggetto sono modificabili grazie a un gioco di filtri (passa-alto/passa-basso/passa-banda) permettendo così di far variare il modo di ascoltare del soggetto e di conseguenza il suo modo di controllarsi.
L’importanza straordinaria delle contro-reazioni che si manifestano nella sperimentazione autorizza Tomatis ad affermare che esiste un vero e proprio circuito chiuso di auto-informazione il cui captatore di controllo, al momento dell’emissione a livello dell’apparato fonatorio, non è altro che l’orecchio, e che ogni modificazione imposta a questo captatore produce istantaneamente una modificazione considerevole dell’atto vocale, facile da osservare a livello visivo e uditivo e controllabile fisicamente sul tubo catodico dell’analizzatore.
Così, essendo accertato che una modalità espressiva vocalica legata ad un condizionamento dell’apparato fonatorio esteriorizzantesi attraverso un atto vocale conosciuto, risponde a una maniera di ascoltare determinata da un condizionamento più o meno complesso dell’insieme dell’apparato uditivo; essendo accertato inoltre che ogni modificazione di questo modo di ascoltare genera un nuovo atto vocale, Tomatis prova allora a modificare il condizionamento difettoso con un nuovo condizionamento, calcolato sulla base di una curva d’ascolto ideale (quella di un grande professionista della voce, ad esempio).
Fin dalle prime sedute si constata che sussiste una rimanenza temporanea di questo nuovo stato, e dopo un certo periodo di allenamento, essa diventa permanente.
Per realizzare praticamente questo processo, Tomatis mette a punto un apparecchio che sarà chiamato Orecchio Elettronico a Effetto Tomatis.
LE QUATTRO LEGGI FONDAMENTALI DI TOMATIS
Raoul Housson, riprendendo questo esperimento nel 1957 nei Laboratori di Fisiologia delle Funzioni della Sorbona, lo conferma interamente, e raggruppa questo insieme di contro-reazioni audiofonatorie sotto il nome di Effetto Tomatis.
Questo è definito da quattro leggi:
La voce contiene ciò che l’orecchio percepisce.
Se si restituisce all’orecchio traumatizzato la possibilità di ascoltare correttamente le frequenze mal percepite, queste si trovano ristabilite nell’emissione fonatoria, istantaneamente e all’insaputa del soggetto.
Generalizzando questa relazione audiofonatoria ad un orecchio normale:
L’orecchio trasmette all’apparato fonatorio le modificazioni uditive che gli vengono imposte artificialmente.
Tomatis, essendosi posto la domanda di sapere come l’orecchio poteva conservare il beneficio di questo esercizio e migliorare progressivamente, approda alla quarta legge:
L’ascolto forzato, alternativamente imposto e soppresso, arriva a modificare permanentemente l’ascolto e la fonazione.
L’ORECCHIO ELETTRONICO E LA SUA MODALITA’ D’AZIONE
Questa apparecchiatura è un complesso elettronico comportante degli amplificatori, dei filtri e un gioco di basculle elettroniche. Esso può essere utilizzato in due modalità:
1. L’informazione trasmessa da un magnetofono passa attraverso l’O. E. prima di arrivare all’orecchio del soggetto tramite una cuffia (training puramente uditivo).
2. L’informazione trasmessa dal magnetofono è percepita e riprodotta dal soggetto durante i bianchi sonori ripartititi sul nastro magnetico: quasi simultaneamente la voce dell’allievo è captata da un microfono e modificata dall’O. E. (training audio-vocale).
L’O. E. agisce modellando l’informazione all’interno di una banda passante determinata, al fine di sopprimere gli scotomi (cadute della curva d’ascolto su certe frequenze) e dare alla curva la progressione necessaria (pendenza ascendente) per una percezione e un’analisi frequenziale di qualità ottimale.
Esso inoltre offre al messaggio sonoro due percorsi possibili: un canale corrisponde alla messa in tensione del timpano e dei muscoli del martello e della staffa, un altro agisce sulla loro distensione; è necessaria allora una semplice regolazione per far passare alternativamente l’informazione da un canale all’altro, provocando così un movimento continuo di tensione e distensione dei meccanismi muscolari adattatori dell’orecchio medio.
Questa microginnastica protratta per un certo tempo produce un fenomeno di rimanenza che crea un condizionamento muscolare progressivo e permanente: l’orecchio medio diviene così capace di compiere da solo, spontaneamente e correttamente le regolazioni necessarie alla trasmissione dei suoni.
Queste diverse funzioni sono assicurate da alcuni insiemi elettronici:
I filtri: ripartiti su due livelli, formano i due canali e modulano il passaggio delle frequenze (uno, ad esempio, può lasciar passare in maniera preferenziale le frequenze elevate e l’altro le frequenze gravi).
La basculla: essa regola le andate e venute successive da un canale all’altro; è una sorta di porta che si apre e si chiude secondo le variazioni d’intensità del messaggio sonoro.
L’equilibrio: per preparare l’orecchio destro a divenire direttore, il rapporto delle intensità sonore, corrispondenti ai due auricolari della cuffia è progressivamente differenziato per riduzione dell’intensità a sinistra.
Per quanto riguarda l’informazione sonora propriamente detta, essa è costituita da un insieme di nastri magnetici registrati in laboratorio, il cui ordine di diffusione è determinato dal programma concepito in funzione del caso trattato; si tratta essenzialmente di musica e di voce umana, elaborata eventualmente elettronicamente, in pratica più o meno filtrata su determinate frequenze.
LA PROGRAMMAZIONE DEL MATERIALE SONORO
Il programma rieducativo è concepito seguendo le norme della disciplina audio-psico-fonologica; esso ha come scopo di far percorrere al paziente il cammino sonoro ideale che egli avrebbe dovuto seguire a partire dalla sua vita fetale, poiché è da esso che dipendono la qualità del suo ascolto e di conseguenza, le sue facoltà di espressione.
Dalla comunicazione carnale del feto con l’utero materno agli scambi verbali più fecondi, il cammino è lungo e disseminato di trappole, giacché in ogni momento della sua evoluzione, la relazione del soggetto con l’ambiente può essere disturbata, indebolita o decisamente tagliata.
Il metodo consiste, appoggiandosi sul fatto che esiste già una comunicazione tra il feto e la madre, a suscitare nel soggetto il desiderio che questa comunicazione si prolunghi dopo la nascita, con la madre prima, poi con il padre e infine con la società.
L’itinerario inizia con il “dialogo” intra-uterino e si conclude con l’inserimento del soggetto nel contesto comunicazionale sociale.
L’orecchio è dunque rituffato nelle condizioni di un vissuto molto lontano, il più antico che gli è stato possibile percepire.
A quest’epoca però, l’ascolto del feto è caratterizzato dal fatto che esso si esercita in ambiente acquatico, essendo immerso nel liquido amniotico. L’informazione sonora (suoni filtrati) è ottenuta facendo passare il suono attraverso dei filtri elettronici che realizzano artificialmente un’audizione simile a quella che si otterrebbe attraverso degli strati d’acqua.
Generalmente, per questo scopo si utilizza la voce materna registrata su nastro magnetico o la musica di Mozart. L’esperienza ha permesso di constatare che i temi musicali sono più efficaci quando sono ricchi di frequenze acute e si avvicinano ai ritmi mozartiani e al canto gregoriano.
Dopo un certo numero di sedute di suoni filtrati, si effettua quello che viene chiamato “parto sonoro”, cioè si fa passare il soggetto da un’audizione in ambiente liquido ad una in ambiente aereo, cioè l’ascolto a cui siamo normalmente abituati, dove il suono viaggia semplicemente attraverso l’aria. A questo scopo, nel corso di alcune sedute il filtraggio può passare da 8000 Hz a 100 Hz. Gli effetti di questa fase sono generalmente profondi e l’evidenza clinica ha mostrato che viene data la possibilità al soggetto di recuperare dei vissuti emotivi correlati ad una tappa cruciale della propria esistenza.
Dopo il parto sonoro si inizia la fase attiva dove, il soggetto si prepara ad incontrare l’altro (l’universo sociale); si posano le prime strutture del linguaggio, attraverso degli esercizi di lettura e/o ripetizione di parole e frasi attraverso il controllo dell’orecchio elettronico.
Da qui il soggetto passa ad una fase che gli permette di incontrarsi ed accettarsi, il materiale sonoro l’aiuterà allora a liberare il linguaggio; i suoi autocontrolli sono rinforzati per garantirgli un buon adattamento alle sue realtà e alle condizioni di esistenza imposte dall’ambiente.
L’ASCOLTO INTRAUTERINO
Domande che favoriscono un approccio al problema del linguaggio:
Come arriva l’essere umano a produrre dei suoni articolati?
Perché sente il bisogno di produrli?
La prima di queste domande potrebbe sorprenderci, perché sembra evidente che l’essere umano parla in quanto è dotato di un apparato espressamente destinato ad assolvere questa funzione.
Questa affermazione in realtà è falsa, in quanto non esiste un organo fisiologicamente concepito a questo fine. La parola ha utilizzato l’esistente per costruirsi; un primo insieme costituito di una parte del sistema digestivo: le labbra, la bocca, il velo palatino, la lingua, i denti, e un secondo insieme proveniente dall’apparato respiratorio: la laringe, le fosse nasali, i polmoni, il diaframma, la cassa toracica.
Così, per mettersi al servizio della parola, la laringe si è allontanata dalla sua funzione primaria. Si è liberata, in un certo senso. E questa liberazione è coincisa con quella dell’orecchio, inizialmente destinato a localizzare i suoni, ha iniziato ad analizzarli.
Riguardo la seconda domanda, Tomatis afferma che ciò che è importante non è tanto poter parlare quanto voler parlare; perché la scimmia da un punto di vista strettamente fisiologico potrebbe parlare, però non lo fa.
All’origine del linguaggio, secondo Tomatis, deve esistere un desiderio, che non può essere altro che quello di comunicare con l’altro; è la ricerca di una situazione conosciuta, vissuta, rimpianta, nel corso della quale si è rivelata la nozione profonda di comunicazione, da dove parte la prima presa di coscienza della relazione. Ma come nasce questa pulsione?
E’ a partire dalle osservazioni di uno zoologo inglese che Tomatis elabora la sua risposta. Questo autore, Negus, aveva notato che se le uova di uccelli canterini erano covate da uccelli non canterini, gli uccelli nati da quella covata non cantavano.
Ancora, se le uova erano covate da uccelli che cantavano, però in un’altra maniera, i piccoli avrebbero avuto molte probabilità a sbagliarsi di canto dopo la nascita.
Sembra dunque che un condizionamento audio-vocale sia possibile già allo stadio dell’uovo.
E se fosse così anche per il genere umano?
Delle esperienze condotte sui neonati da altri ricercatori indicarono a Tomatis che egli era sulla buona strada: “la madre crea il suo bambino, gli dà un nido dentro il suo ventre, lo nutre, lo prepara alla vita attraverso un dialogo costituito da tutti i contatti che ella può avere con lui. La comunicazione sonora è il più importante di questi contatti, in quanto la madre si rivela al feto attraverso i suoi rumori organici, viscerali e soprattutto tramite la voce. Il bambino assorbe tutta la sostanza affettiva di questa voce che parla, ne è impregnato; integra in questo modo il supporto della lingua materna”.
Si tratta della prima comunicazione audiovocale, dalla quale l’embrione, quando tutto va bene, attinge un sentimento di sicurezza che aiuta il suo sbocciare.
Il desiderio di comunicare non è altro allora che il desiderio di non interrompere, o eventualmente di rinnovare, una relazione (acustica) con l’altro così soddisfacente.
Ma se il feto sente, non è certo alla nostra stessa maniera. Dalla nascita alla maturità l’apertura dell’orecchio è progressiva; e lo stesso parto apporta una modifica fondamentale nell’ascolto, perché l’orecchio, adattato all’ambiente liquido della vita intrauterina, deve bruscamente accomodarsi ad un ambiente aereo che presenta un diverso fattore di impedenza acustica.
Tomatis spiega che prima della nascita, le tre parti dell’orecchio – esterno, medio e interno – sono acusticamente adattate alle stesse frequenze; queste sono praticamente quelle dell’acqua, e si trovano nella zona dei suoni acuti. Alla nascita avviene un vero e proprio parto sonoro. L’orecchio medio e in particolare la Tromba di Eustachio trattengono del liquido amniotico per circa dieci giorni dopo il parto, così che i due livelli medio e interno dell’orecchio restano accordati sulle frequenze dell’ambiente liquido. Dopo circa dieci giorni tutto si spegne, perché la Tromba di Eustachio si svuota della sostanza liquida e il neonato perde la sua percezione dei suoni acuti, diventando momentaneamente come sordo.
Grazie ad un lungo e progressivo apprendimento, che dura delle settimane, l’orecchio cerca di aumentare il suo potere d’accomodamento lavorando sulla tensione timpanica, al fine di ritrovare, poco a poco, attraverso l’aria circostante, il contatto che aveva con questa voce che lo cullava nel profondo del suo universo uterino.
Messo in presenza di problemi psicologici la cui origine si situa sicuramente a livello delle prime tappe dello sviluppo dell’individuo, Tomatis ha l’idea di fare rivivere a livello sonoro questi periodi, riuscendo ad ottenere, attraverso delle semplici informazioni acustiche, delle reazioni psicologiche profonde estremamente intense, e la cessazione di alcuni sintomi.
Tomatis si rendeva conto, così, che attraverso il suono era possibile rinnovare le relazioni primordiali con tutti gli aspetti decondizionanti che una simile esperienza può dare e potenziare il desiderio di comunicare con l’ambiente circostante, senza il quale non può esserci un buon equilibrio psicologico.
In questo processo, l’immenso vantaggio deriva dal fatto che i suoni filtrati attraversano il talamo senza che questo operi delle censure eccessive. Il talamo è una parte del cervello. E’ una massa nervosa sottocorticale, che agisce sotto forma di filtro che coordina, interpreta e valuta le diverse sensazioni prima di essere trasmesse alla coscienza (corteccia).
Se il talamo ha una “resistenza o viscosità” troppo grande, a causa di un’affettività perturbata da traumatismi anche antichi, l’informazione che raggiunge questa regione va ogni volta a risvegliare i traumi iniziali e rischia di non arrivare alla corteccia in maniera completa.
Inviando l’informazione sonora filtrata delle frequenze gravi e medie, contenente soltanto frequenze elevate, ricche di energia e scarse di semantica emotiva ed esistenziale, il talamo permette un passaggio più rapido verso la corteccia, la quale, venendo vivificata può controreagire sul talamo. In questo modo, la corteccia, aumentando il suo campo cosciente, assume più facilmente le difficoltà dolorose. In queste condizioni il soggetto può prendersi più facilmente “in carico”.
L’EFFETTO DI RICARICA CORTICALE
L’orecchio, prima di divenire un organo destinato a udire, ha la funzione di nutrire la corteccia con il suo potenziale di stimolazione sensoriale.
Non tutti i suoni però sono adatti provocare l’effetto di ricarica corticale. Sulla membrana basilare della coclea, le cellule del Corti sono più dense nella parte riservata alle frequenze acute, che in quella riservata alle frequenze gravi; la trasmissione alla corteccia di energia captata è perciò molto più forte quando essa proviene dalla zona degli acuti.
I suoni gravi per Tomatis non apportano energia a sufficienza e finiscono spesso per stancare l’individuo, in quanto stimolano delle risposte motrici attraverso la loro azione sul vestibolo (canali semicircolari, otricolo, etc.), che assorbono più energia di quanta ne possa fornire lo stimolo sonoro.
L’EQUILIBRIO NEURO-VEGETATIVO
Il nervo pneumogastrico, o decimo paio craniale, o Nervo Vago, estende la sua antenna sensoriale sulla membrana timpanica.
La sua presenza è importante, poiché è uno dei nervi che regolano i meccanismi dell’orecchio in funzione degli “umori” o stati d’animo del soggetto, e così come sa obbedire allo psichismo, così sa piegare quest’ultimo alle sue reazioni. Nel suo essere interfaccia intima tra l’essere e il corpo, nell’imbricazione delle sue interferenze multiple che gli valgono la denominazione di nervo Vago, esso è maestro della vita vegetativa e viscerale.
Il suo campo neuronico è immenso, tocca il timpano, la faringe, la laringe, i polmoni, il cuore, lo stomaco, il fegato, la milza, i reni, il pancreas, l’intestino, il retto, l’ano…
Grazie ad esso tutto può organizzarsi armoniosamente oppure disequilibrarsi; ciò dovesse avvenire, appare allora il corteo delle somatizzazioni diverse: la paura, l’ansia, l’angoscia, le bulimie, le anoressie, le angine, l’asma, le otiti, le riniti…
All’interno di questo quadro, l’orecchio può giocare un ruolo particolarmente nefasto; per Tomatis basta che esso si chiuda, vale a dire che rilasci la muscolatura del martello e che la staffa non venga più sollecitata. I suoni sono allora trasmessi in maniera molto parziale e vengono analizzati male; solo le frequenze gravi riescono a passare la barriera, trascinando il timpano, molto disteso, in un movimento troppo ampio che per reazione va a eccitare il ramo auricolare del Vago, con tutte le reazioni che ciò produce nella sfera neurovegetativa.
Il training audiovocale con l’orecchio elettronico, aiuta la postura d’ascolto dell’orecchio verso gli acuti. In questo modo l’eccitazione del nervo pneumogastrico si attenua e questa attenuazione va ad inondare il mondo viscerale. Il soggetto esperisce questo come un’impressione di benessere e di liberazione da un fardello dal contenuto difficilmente discernibile. La respirazione migliora, l’ansia e le contratture muscolari si attenuano, la distensione generale può manifestarsi.
LA VERTICALITÀ E LA POSTURA D’ASCOLTO
L’orecchio assicura, grazie ai canali semicircolari, una funzione di equilibrio che determina le nostre attitudini posturali. La verticalità favorisce la pienezza dell’ascolto, in quanto tendere l’orecchio è anche tendere il corpo all’ascolto, al fine di offrire all’informazione le zone sensibili del nostro rivestimento cutaneo.
Si stabilisce allora un feedback continuo: l’ascolto migliora e trasforma l’atteggiamento posturale, mentre quest’ultimo permette a sua volta all’ascolto di perfezionarsi grazie al messaggio che inizia ad arrivargli in maniera più fedele grazie ad un miglior dispiegamento della via corporea.
E’ facile tramite l’orecchio elettronico provocare sperimentalmente dei cambiamenti di atteggiamento posturale in funzione di particolari modificazioni dell’ascolto.
Imponendo un ascolto ricco in frequenze acute, si osserva, nel momento in cui la fonazione del soggetto si anima, una correlazione posturale impressionante: la colonna vertebrale si allinea, la cassa toracica si apre, il soggetto cerca una migliore attitudine dorsale tramite la rotazione del bacino in avanti, il viso si distende e si mobilizza in maniera armonica.
Una curva d’ascolto opposta, invece, che favorisca i gravi, produce una contro-reazione posturale che va in senso inverso alla precedente.
Ricordiamo anche che il consumo energetico relativo al mantenimento della nostra postura è minimo quando il corpo è in equilibrio, dritto e verticale.
La capacità che ha l’orecchio interno di svolgere queste funzioni gli viene dalla sua appartenenza ad un blocco neurologico molto complesso che ingloba il labirinto, il cervelletto, la corteccia e il corpo: esso tiene così sotto il suo controllo tutti i muscoli motori del corpo e ne coordina la motricità, il suo ruolo è essenziale nella presa di coscienza del corpo da parte della corteccia.
L’ORECCHIO DESTRO E LA LATERALITA’
L’osservazione della modalità di autocontrollo della voce in un cantante mostra che il controllo che egli effettua non è della stessa qualità se questo è effettuato con l’orecchio destro o con l’orecchio sinistro.
Inviando del rumore ad una certa intensità sull’orecchio sinistro ad un cantante tramite una cuffia, in modo da fargli perdere il controllo tramite l’orecchio sinistro, si nota che egli canta ancora bene e in certi casi addirittura meglio di prima. Al contrario, se è l’orecchio destro a essere messo fuori circuito, il soggetto prova immediatamente una grande difficoltà a gestire qualitativamente la voce.
Tomatis ebbe occasione di ripetere questa esperienza con degli strumentisti e con degli attori e ogni volta il controllo dell’emissione vocale o strumentale era qualitativamente migliore tramite i circuiti dell’orecchio destro.
Se i due orecchi servono a localizzare i suoni in quanto la bilateralità uditiva favorisce l’angolazione, sembra che l’accesso al padroneggiamento del linguaggio non può avvenire che scegliendo come antenna di captazione della colata verbale l’orecchio destro; l’orecchio sinistro da una “visione” globale dell’ambiente sonoro, il destro può focalizzare un suono ben preciso e analizzarlo finemente.
Perché questa asimmetria? Perché gli impulsi che partono dal cervello devono arrivare alla laringe affinché un suono sia prodotto. A questo livello esiste un’asimmetria: l’emilaringe destra beneficia di un nervo ricorrente motorio molto più corto del suo collaterale. Il ricorrente destro si dirige verso la parete laterale della laringe dopo aver incrociato in basso l’arteria sottoclavicolare destra; mentre il ricorrente sinistro entra nel torace e forma un’ansa sotto l’aorta, prima di raggiungere il lato sinistro della laringe.
Di conseguenza il tempo di percorrenza degli impulsi nervosi è differente; l’orecchio destro si trova più vicino degli organi fonatori dell’orecchio sinistro. I deficit legati all’autocontrollo uditivo destro producono spesso dei problemi dell’espressione orale e scritta; in certi casi lo studio di una lingua straniera o del canto possono risultare difficoltosi. In concomitanza si nota un abbassamento evidente del rendimento delle facoltà di memorizzazione, attenzione e concentrazione.
L’IMMAGINE DEL CORPO
L’immagine del corpo è una nozione essenziale, e generalmente mal definita.
L’essere umano è prima di tutto un sistema nervoso ricoperto di una guaina somatica, e l’immagine del corpo per l’uomo è l’utilizzazione del suo campo neuronico, utilizzazione che varia secondo gli individui e i fattori accidentali che li distinguono gli uni dagli altri.
Questa immagine è il più sovente molto diversa da ciò che sarebbe un’immagine perfettamente obiettiva; e la sua importanza risiede nel fatto che la nostra apparenza, la nostra postura e il nostro comportamento sono sotto la sua dipendenza diretta.
Inoltre, solo la sua integrazione corretta può apportare l’abilità corporea della quale l’essere umano ha bisogno nelle sue diverse attività, che sia la pratica di uno sport, di uno strumento musicale o la semplice guida di un’automobile.
Il virtuoso possiede la sua immagine corporea ad un punto tale che vi integra lo strumento della sua attività e lo spazio dove s’immerge (l’insieme dell’orchestra, ad esempio); così l’arciere Zen diventa una cosa sola con l’arco e con il bersaglio. E questo viene centrato più facilmente. Come si crea quest’immagine?
L’aria non smette di muoversi sotto l’impulso del suono: ogni essere è immerso in una struttura che lo scolpisce, in quanto il suono non si dirige solo sull’orecchio, ma sul corpo tutto. L’orecchio certamente ne è divenuto il captatore principale, ma si tratta della differenziazione progressiva di una parte di pelle, che, all’origine non si distingueva dal resto della superficie cutanea.
Il corpo è quindi preso in una rete di pressioni e impulsioni che lo stimolano in tutti i suoi punti. Poco a poco, la sommatoria di tutte queste eccitazioni crea un’immagine del corpo integrata.
Il gioco di stimolazioni può essere provocato in modo differente, esiste però un mezzo privilegiato, capitale: è il linguaggio, in quanto il suono che produciamo noi stessi imprime in permanenza una miriade di piccoli tocchi (pressioni acustiche) su tutto il nostro sistema nervoso periferico. In funzione delle parole che utilizziamo, noi andremo a toccare più o meno certe parti del nostro corpo.
Il linguaggio sensibilizza progressivamente le zone sensoriali rilevatrici delle onde acustiche della “colata verbale”. Le zone più sensibili a questa informazione si trovano là dove le fibre nervose specializzate nella rilevazione della pressione sono più dense (viso, parte anteriore del torace, addome, palmo della mano, faccia dorsale della mano destra a livello della pinza pollice-indice, interno delle membra inferiori, pianta del piede).
Da qui ne deriva che per offrire la maggior parte di questa superficie corporea al suono, la verticalità diventa un obbligo, se si vuole avere una perfetta padronanza della parola.
Da qui si potrebbe dedurre un principio essenziale: se l’immagine del corpo è la conseguenza del linguaggio, migliorando la parola si potrebbe rimodellare il corpo, poiché la nostra postura e il nostro modo di muoverci sono modellati da essa…
Ma è evidente che se noi siamo in qualche sorta scolpiti dai suoni che emettiamo, lo siamo ugualmente dai suoni che emette l’altro; allora in questa prospettiva un dialogo può essere visto come il modo in cui due individui si mettono in vibrazione l’un l’altro; e la qualità della loro inter-comunicazione dipende dalla compatibilità delle loro immagine corporali, legate esse alla coerenza delle loro curve d’ascolto. Due soggetti che presentano delle curve distorte e poco simili tra di esse hanno poche probabilità d’intendersi, in quanto, nel senso letterale del termine, non sono su sulla stessa lunghezza d’onda.
In sintesi una buona immagine corporea realizza l’aderenza assoluta del corpo reale e del corpo immaginato: è l’immagine grazie alla quale si può essere sé stessi fino all’ultima cellula e potersi ingaggiare in una dinamica comportamentale armoniosa.