Legge 675, 196, Diritto d’autore, di cronaca e di critica
Vi segnalo alcuni articoli ed estratti interessanti riguardanti la Legge 675, la Privacy, il diritto d’autore e il diritto di cronaca e di critica al fine di rendere piu’ chiaro possibile il senso di tali normative.
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LEGGE N. 675 – 31 dicembre 1996
(Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali)
http://www.privacy.it/testocoord.html
LEGGE 31 dicembre 1996 N. 675 (testo) (testo coordinato – formato HTML)
http://www.privacy.it/indicealfa.html
LEGGE 31 dicembre 1996 N. 675 (indice) (indice alfabetico – formato HTML)
DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2003, n. 196
Codice in materia di protezione dei dati personali
http://www.privacy.it/codiceprivacy.html
LEGGE n. 675 – 31 DICEMBRE 1996 (estratto)
“Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 5 dell’8 gennaio 1997 – Supplemento Ordinario n. 3
CAPO III
Sezione IV – COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DEI DATI ( Artt. 19 – 21)
Art. 19. Incaricati del trattamento
1. Non si considera comunicazione la conoscenza dei dati personali da parte delle persone incaricate per iscritto di compiere le operazioni del trattamento dal titolare o dal responsabile, e che operano sotto la loro diretta autorità.
Art. 20. Requisiti per la comunicazione e la diffusione dei dati
1. La comunicazione e la diffusione dei dati personali da parte di privati e di enti pubblici economici sono ammesse:
a) con il consenso espresso dell’interessato;
b) se i dati provengono da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi e i regolamenti stabiliscono per la loro conoscibilità e pubblicità;
c) in adempimento di un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;
d)(Lettera così modificata dall’art. 12, comma 2, d.lg. 13 maggio 1998, n. 171.) nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità. Restano fermi i limiti del diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza ed in particolare dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Si applica inoltre il codice di deontologia di cui all’articolo 25;
e) se i dati sono relativi allo svolgimento di attività economiche, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;
f) qualora siano necessarie per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica dell’interessato o di un terzo, nel caso in cui l’interessato non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità d’intendere o di volere;
g) limitatamente alla comunicazione, qualora questa sia necessaria ai fini dello svolgimento delle investigazioni di cui all’ar-ticolo 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, nel rispetto della normativa di cui alla lettera e) del presente comma, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;
h) limitatamente alla comunicazione, quando questa sia effettuata nell’ambito dei gruppi bancari di cui all’articolo 60 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia approvato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché tra società controllate e società collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, i cui trattamenti con finalità correlate sono stati notificati ai sensi dell’articolo 7, comma 2, per il perseguimento delle medesime finalità per le quali i dati sono stati raccolti.
2. Alla comunicazione e alla diffusione dei dati personali da parte di soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici economici, si applicano le disposizioni dell’articolo 27.
Art. 21. Divieto di comunicazione e diffusione
1. Sono vietate la comunicazione e la diffusione di dati personali per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione di cui all’articolo 7.
2. Sono altresì vietate la comunicazione e la diffusione di dati personali dei quali sia stata ordinata la cancellazione, ovvero quando sia decorso il periodo di tempo indicato nell’articolo 9, comma 1, lettera e).
3. Il Garante può vietare la diffusione di taluno dei dati relativi a singoli soggetti, od a categorie di soggetti, quando la diffusione si pone in contrasto con rilevanti interessi della collettività. Contro il divieto può essere proposta opposizione ai sensi dell’articolo 29, commi 6 e 7.
4. La comunicazione e la diffusione dei dati sono comunque permesse:
a)(Lettera così sostituita dall’art. 4, comma 2, d.lg. 30 luglio 1999, n. 281.) qualora siano necessarie per finalità di ricerca scientifica o di statistica e siano effettuate nel rispetto dei codici di deontologia e di buona condotta sottoscritti ai sensi dell’articolo 31; b) quando siano richieste dai soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere b), d) ed e), per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione di reati, con l’osservanza delle norme che regolano la materia.
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Il nuovo diritto d’autore estende cronaca e critica
di Franco Abruzzo
da “Il Sole 24 Ore” del 3 maggio 2003
Con il Decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003, emanato in attuazione della Direttiva 2001/29/CE “sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, sono state introdotte rilevanti novità nel corpo della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore: due riguardano il diritto di cronaca e di critica costituzionalmente garantito.
La nuova normativa tutela ampiamente il diritto di cronaca, modificando e integrando l’articolo 65 della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore con un comma (il secondo, aggiunto di sana pianta) molto chiaro: “La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell’autore, se riportato”. Questo comma affianca il primo, che fino al 28 aprile costituiva l’intero articolo 65: “Gli articoli di attualità, di carattere economico, politico, religioso, pubblicati nelle riviste o giornali, possono essere liberamente riprodotti in altre riviste o giornali, anche radiofonici, se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il numero di detta rivista o giornale e il nome dell’autore, se l’articolo è firmato”.
Il raggio d’azione della nuova stesura dell’articolo 65 è molto più ampio, perché giustifica la riproduzione o la comunicazione al pubblico di opere dell’ingegno (e l’espressione “comunicazione al pubblico” abbraccia anche i media dell’ultima e penultima generazione, quali il web e la tv) con l’esercizio del diritto di cronaca sia pure contenuto nei limiti “dello scopo informativo”. Il legislatore sostanzialmente ha recepito, con 31 anni di ritardo, una massima giurisprudenziale ricavata dalla sentenza 15 giugno 1972 n. 105 della Corte costituzionale: “Esiste un interesse generale alla informazione – indirettamente protetto dall’articolo 21 della Costituzione – e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee”.
Anche l’articolo 70 della legge n. 633/1941 ha subito un significativo ritocco che allarga la libertà di critica e di discussione collegata all’impiego di parti o brani di parti di opere dell’ingegno: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Il vecchio articolo 70 suonava così: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell’opera. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento il quale fisserà la modalità per la determinazione dell’equo compenso. Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta”. La novità è costituita dall’espressione “comunicazione al pubblico”, che abbraccia, come riferito, l’utilizzazione di tutti i mass media, vecchi (giornali e radio) e nuovi (tv e web). Ne consegue che “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione”.
E’ vietato, comunque, agire senza consenso quando l’utilizzazione dell’opera dell’ingegno non è a scopo di critica o di discussione. Una massima giurisprudenziale (Tribunale di Napoli, 18 aprile 1997) afferma che “l’utilizzazione di parti o brani di opera altrui in un libro che si autodefinisce dedicato ad un artista scomparso è illecita e costituisce violazione del diritto di autore se manca il consenso del titolare del diritto e se la finalità dell’utilizzazione non rientra tra le ipotesi di cui all’art. 70 della legge sul diritto di autore (e, cioè, utilizzazione a scopo di critica, discussione o insegnamento). L’erede dell’autore può agire a difesa dei diritti patrimoniali d’autore e di quelli relativi allo sfruttamento economico dell’immagine”.
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DIRITTO DI CRONACA E DIRITTO ALLA RISERVATEZZA
di Alessandra Lucarino e Silvia Melchionna
estratto da http://www.dirittoproarte.com/giornalisti/cronaca1.htm
E’ in particolare la sentenza n. 5259 ad affermare che l’esercizio della libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti, cioè il diritto di stampa, sancito in linea di principio nell’art. 21 della Costituzione e regolato fondamentalmente nella legge 8 febbraio 1948, n.47, è legittimo, e quindi può anche prevalere sul diritto alla riservatezza, se concorrono le seguenti condizioni: 1) l’utilità sociale dell’informazione (ossia la necessità dell’esistenza di un interesse pubblico a che la notizia e i fatti siano conosciuti e diffusi); 2) la verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché, in quest’ultimo caso, frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti; 3) la forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, anche detta continenza formale. Non ricorre quest’ultima condizione quando la critica è eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, difetta di serenità e di obiettività, calpesta quel minimo di dignità cui ogni persona ha sempre diritto, ed infine non è improntata a leale chiarezza. E’, poi, la stessa Corte di Cassazione ad indicare che lo sleale difetto di chiarezza sussiste quando il giornalista ricorre ad una delle seguenti subdole tecniche: 1) al sottinteso sapiente, che consiste nell’uso di determinate espressioni nella consapevolezza che il pubblico dei lettori le intenderà o in maniera diversa o, addirittura, contraria al loro significato letterale, e, comunque, in senso fortemente sfavorevole ed offensivo nei confronti della persona che si vuole mettere in cattiva luce.
Un esempio è rappresentato dal racchiudere determinate parole tra virgolette, allo scopo di far intendere al lettore che esse non sono altro che eufemismi, e che, comunque, sono da interpretarsi in un senso molto diverso da quello che avrebbero senza virgolette; 2) agli accostamenti suggestionanti di fatti che si riferiscono alla persona che si vuole mettere in cattiva luce con altri fatti (presenti o passati, ma sempre in qualche modo negativi per la reputazione) riguardanti altre persone estranee, oppure con giudizi negativi apparentemente espressi in forma generale ed astratta e, come tali, ineccepibili ma che, invece, per il contesto in cui sono inseriti, il lettore riferisce, inevitabilmente, a persone ben determinate; 3) al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, specie nei titoli, o, comunque, all’artificiosa e sistematica drammatizzazione con cui si riferiscono notizie “neutre” allo scopo di indurre i lettori più superficiali a lasciarsi suggestionare soltanto dal tono usato (classico, a tal fine, è l’uso del punto esclamativo anche là dove, di solito, non viene messo); 4) alle vere e proprie insinuazioni, che ricorrono quando, pur senza esporre fatti o esprimere giudizi apertamente, si articola il discorso in modo tale che il lettore li prenda lo stesso in considerazione a tutto svantaggio della reputazione di un determinato soggetto.
Questi principi sono stati riaffermati in diverse sentenze della Corte di Cassazione (n.3679/98, n.4285/98, n.8574/98) ed in particolare in quella della Terza Sezione Civile, la n. 5658 del 9 giugno 1998, nella quale si afferma che il diritto di cronaca prevale sul diritto alla privacy se i fatti sono veri, di interesse pubblico e se sono esposti in forma civile e corretta.
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Diritto di cronaca prevalente
di Sabrina Peron, avvocato in Milano
estratti da http://www.odg.mi.it/peron_20.htm
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Il limite della continenza
La continenza è la terza condizione alla quale viene ancorato il legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica. Tale limite viene inteso come moderazione, proporzione e misura in relazione alle modalità espositive della notizia. La serenità dell’esposizione va però intesa non in senso assoluto ma in senso relativo, non venendo considerati offensivi toni aspri e polemici che rientrino nel costume corrente.
In ogni caso l’esposizione della notizia non deve rivestire carattere ingiurioso, non deve risolversi in una incivile denigrazione dell’altrui personalità, non deve contenere attribuzioni indirette o subdole allusioni.. In particolare, nell’esposizione dei fatti devono essere esclusi l’utilizzo di:
– sottintesi sapienti, ossia l’utilizzo di espressioni tali da far percepire al lettore un messaggio diverso o contrario a quello apparente o letterale e comunque più sfavorevole;
– toni sproporzionatamente scandalizzati o sdegnati o artificiosamente drammatizzati, mediante l’uso sapiente di aggettivi, con cui si riferiscono notizie scarsamente interessanti in modo da suggestionare i lettori;
– accostamenti suggestionanti di fatti che si riferiscono ad una persona che si vuole mettere in cattiva luce con altri fatti concernenti terze persone e negativi per la reputazione;
– vere e proprie insinuazioni e ambiguità allusive.
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Il diritto di critica che costituisce uno degli aspetti principali su cui si fonda la libera (e lecita) manifestazione del pensiero, non si esprime nella narrazione ma nel giudizio e nella valutazione di fatti; la critica è pertanto soggettiva e cioè corrispondente, in definitiva, al punto di vista di chi la manifesta. L’efficacia scriminante della critica è più accentuata in ambito politico, nel quale essa può essere esercitata con le modalità più nette e vibranti, senza rituali ed ipocriti omaggi a stili e forme espressive (Trib. Roma, 26 marzo 1997, Selva c. De Mita e altro, in Nuova Giur. Civ., 1998, I, 264, n. BRESCIANI).
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In tema di diffamazione a mezzo stampa il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come l’altro, nella narrazione di fatti, bensì nella espressione di un giudizio o, più genericamente, di un’opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su una interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti; ne consegue che l’esercizio di un tale diritto non può trovare altro limite che non sia quello dell’interesse pubblico e sociale della critica stessa, in relazione all’idoneità delle persone e dei comportamenti criticati a richiamare su di sé una comprensibile e oggettivamente apprezzabile attenzione dell’opinione pubblica (Cass. pen., 16 aprile 1993, Barile, in Mass. Cass. Pen., 1993, fasc. 9, 100).
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Il diritto di satira costituisce una delle forme di manifestazione del pensiero, caratterizzata dall’intento di suscitare la ilarità nei percettori, che svolge una funzione di controllo sociale verso il potere con l’arma del sorriso e alla quale non possono applicarsi i criteri per la liceità della cronaca (verità, continenza, rilevanza sociale) fatto salvo il limite dell’eventuale contenuto denigratorio delle affermazioni. La satira di un personaggio famoso, quando ha carattere burlesco e paradossale e le espressioni adoperate, considerate nel loro complesso, sono proporzionate alla notorietà del soggetto irriso, impedisce di qualificare come denigratorio e offensivo un articolo di giornale (Trib. Milano, 7 aprile 1997, Scotti c. Soc. R.C.S. ed. e altro, in Dir. Inf., 1997, 752).
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Link vari
Sito www.GarantePrivacy.it (Il sito del GARANTE della PRIVACY)
Sito www.Privacy.it (Il sito e la POLICY sulla PRIVACY)
Sito www.Dirittodautore.it (Ass. per la difesa del diritto d’autore)
Sito www.Interlex.it (Sito sul Diritto, Tecnologia e Informazione)
Sito www.Ictlaw.net (Materiali sul Diritto e la Cultura della Rete)
Sito www.agcom.it (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)
Sito www.siae.it (Societa’ italiana degli Autori ed Editori)
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Le Utilizzazioni libere
Estratti della Legge 633/41
L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 2° comma della legge 633/41).
La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio.
I limiti sono indicati nel capo intitolato Utilizzazioni libere agli articoli da 65 a 71.
L’art. 65 LDA prevede la libera riproduzione di articoli di attualità, di carattere politico, economico, religioso, pubblicati in giornali o riviste o su altri periodici, anche radiofonici, se la riproduzione non è stata espressamente riservata. Devono però essere indicati il nome dell’autore, il numero e la data del periodico che ha eseguito la prima pubblicazione.
In questo caso l’interesse pubblico all’informazione prevale su quello privato, dell’autore, e ne attenua i diritti. Finalità diverse, quali quelle pubblicitarie o di documentazione non sono perciò accettate e configurano ipotesi di violazione del diritto d’autore.
Bisogna rispettare due condizioni:
1) che la loro riproduzione non sia stata espressamente vietata. Ai sensi dell’art. 7 del Regolamento di attuazione, la dichiarazione si effettua mediante l’indicazione, anche in forma abbreviata, delle parole “riproduzione riservata” o altre analoghe, all’inizio o alla fine dell’articolo.
2) che si indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il numero di detta pubblicazione e il nome dell’autore, se l’articolo è firmato.
Sempre per finalità di interesse pubblico è consentita la pubblicazione su giornali e riviste, previa indicazione del nome e del luogo in cui furono pronunciati, di discorsi su argomenti di pubblico interesse o amministrativo tenuti in pubbliche assemblee o comunque in pubblico (art. 66 LDA). Possono inoltre essere liberamente riprodotti opere e brani di opere nelle procedure giudiziarie o amministrative ai fini del giudizio (art. 67 LDA), sempreché se ne indichino la fonte e il nome dell’autore.
L’art 68 LDA regola l’uso personale e la copia privata. A seguito della modifica operata dalla legge n. 248 del 18 agosto 2000, è libera la riproduzione di singole opere o brani di opere, per uso personale dei lettori , fatta a mano o con mezzi non idonei a spaccio o diffusione dellavoro nel pubblico. Il 2° comma stabilisce invece che è totalmente libera la fotocopia di tali opere, se eseguita per i servizi della biblioteca, mentre lo è solo nei limiti stabiliti dal 4° e 5° comma dello stesso articolo 68 LDA se eseguita per uso personale
Secondo questi due comma, la riproduzione non può superare il 15% del totale del volume se effettuata per mezzo di fotocopie, xerocopie o mezzo analogo, e all’autore e agli editori spetta un compenso corrisposto da responsabile del centro o punto di riproduzione.
In breve possiamo riassumere così il nuovo articolo 68:
1) innanzitutto rimane libera la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, ma se la riproduzione è effettuata mediante fotocopia o xerocopia o analogo mezzo, non può essere superiore al 15% del volume esclusa la pubblicità.
2) il responsabile del centro o punto di riproduzione deve corrispondere un compenso, quantificato ex lege salvo diverso accordo e legato al numero delle pagine riprodotte, destinato a essere ripartito tra gli autori e gli editori.
In particolare, non è consentito:
1) riprodurre interi volumi o fascicoli, salvo opere rare fuori catalogo presso biblioteche pubbliche;
2) riprodurre per un’utilizzazione in concorrenza con i diritti di utilizzazine economica dell’autore;
3) riprodurre oltre il limite del 15% per uso personale;
4) riprodurre senza il pagamento del compenso, quando previsto;
5) spacciare delle copie, fatte per uso personale, nel pubblico.
Il richiamo ai “lettori” del capoverso esclude ogni possibile riferimento dell’art. 68 LDA alle opere delle arti figurative, mentre per quelle musicali la disposizione si applica unicamente al testo, e non alla fissazione dei suoni (audio).
Si parla più diffusamente di questo articolo nella sezione riguardante le opere letterarie.
Anche l’art. 69 LDA è stato modificato dalla legge 248/2000, e richiede specifici requisiti, in mancanza dei quali l’utilizzazione non è consentita. Secondo tale articolo, le biblioteche e le discoteche dello Stato e di Enti pubblici possono prestare al pubblico, per uso personale, le opere protette, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale, senza l’autorizzazione da parte del titolare del relativo diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione.
Il prestito ha esclusivamente per oggetto:
a) gli esemplari a stampa delle opere eccettuati gli spartiti e le partiture musicali;
b) i fonogrammi ed i videogrammi contenenti opere cinematografiche o audiovisive o sequenze d’immagini in movimento, siano esse sonore o meno, decorsi almeno diciotto mesi dal primo atto di esercizio del diritto di distribuzione ovvero, non essendo stato esercitato il diritto di distribuzione, decorsi almeno ventiquattro mesi dalla realizzazione delle dette opere e sequenze di immagini.
Per i servizi delle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici è consentita la riproduzione in unico esemplare dei fonogrammi e videogrammi contenenti opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, siano esse sonore o meno, esistenti presso le medesime biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici.
L’art. 69 LDA non si applica nel caso in cui un terzo consulti sul posto un’opera che gli sia stata all’uopo prestata, in quanto il prestito finalizzato a questo tipo di consultazione è sempre libero.
L’art. 70 LDA stabilisce che il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di discussione e anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera da parte dell’autore.
Al secondo comma è precisato che nelle antologie a uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento della legge, il quale fisserà le modalità per la determinazione dell’equo compenso.
Infine il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e, se si tratta di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera riprodotta.
L’applicazione di questo articolo da parte della giurisprudenza è molto rigida: infatti la norma ha carattere eccezionale, e come tale deve essere interpretata con rigore. In difetto di uno solo dei presupposti dettati dalla norma si configura una fattispecie di utilizzazione illecita dell’opera.
L’art. 71 prevede l’esecuzione pubblica di pezzi musicali o parti di opere in musica senza pagare i diritti d’autore, purché essa sia effettuata dalle bande musicali o dalle fanfare dei corpi armati dello Stato senza scopo di lucro.
Ricordiamo che ai sensi dell’art. 5 LDA, non sono tutelati dal diritto d’autore gli atti ufficiali dello Stato e delle pubbliche amministrazioni italiane e straniere.
Tutela delle “opere dell’ingegno”
L’art. 1 della legge n. 633 del 22 aprile 1941 tutela tutte “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengano alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia” a prescindere dalla modalità di espressione. Fondamentale, ai fini dell’operatività della tutela, il carattere creativo: deve cioè essere caratterizzante l’apporto personale dell’autore in forza del quale l’opera avrà un quid novi rispetto a quello che era preesistente.
La legge sul diritto d’autore, con le sue recenti modifiche, considera anche il progresso tecnologico: l’art.2 della suddetta legge annovera tra le opere dell’ingegno degne di tutela anche “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore”, oltre alle “banche di dati di cui al secondo comma dell’articolo 1, intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati i diritti esistenti su tale contenuto”; la legge però nulla dice sulle pagine web.
Pagina web “opera dell’ingegno”?
Secondo l’opinione prevalente la pagina web rientra in una nuova categoria di opere, le cosiddette opere multimediali, cioè creazioni che combinano in un unico prodotto opere di generi differenti (parole, immagini suoni etc.), normalmente fruibili attraverso mezzi di comunicazioni (media) diversi, ma la cui coesistenza è assicurata da un formato omogeneo, quello digitale e da un programma.
Conseguentemente, considerando l’opera multimediale come proiezione tecnologica dell’opera dell’ingegno tradizionale e la pagina web come particolare espressione di creazione multimediale, a quest’ultima deve essere estesa la tutela dettata dalla legge 644/1941: sia che la pagina web venga scomposta nelle singole parti che la caratterizzano e sia che invece venga vista unitariamente.
Nel primo caso, testi, grafica, foto musiche etc., in quanto singole opere dell’ingegno, godranno di tutela autonoma e indipendente rispetto al tutto. Più articolato il discorso invece nel caso di opera multimediale quale opera unitaria e autonoma rispetto alle sue parti.
Le norme di riferimento sono gli art. 10 e 38, dove si parla di opere comuni e di opere collettive: se l’opera è comune, ossia il risultato del contributo indistinguibile di più persone, il diritto d’autore apparterrà a tutti i coautori in comune; se si tratta invece di opera collettiva, cioè il frutto dell’assemblaggio di opere o parti di esse che comunque hanno carattere di creazione autonoma, i diritti spetteranno al coordinatore senza che con ciò vengano pregiudicate le ragioni degli autori delle singole opere o delle parti utilizzate per la creazione collettiva.
Pertanto nel momento in cui si identificherà l’utilizzazione non autorizzata dei contenuti di una pagina web come fattispecie disciplinata dal diritto d’autore, scatteranno i meccanismi di tutela corrispondenti: non solo l’autore potrà ottenere la sospensione dell’indebito sfruttamento del suo ingegno ma anche il risarcimento del danno il quale comprenderà danno emergente (lesione economica effettivamente patita) e lucro cessante (mancato guadagno derivante dall’utilizzo illegittimo).
Tutela della pagina web
La recente l. 248/00, modificando la legge n. 633 del 22 aprile 1941 ha introdotto ulteriori ipotesi al fine di combattere la pirateria e la contraffazione, anche quella che si realizza via Internet.
Analizziamo nel dettaglio la tutela delle opere a seconda della loro natura.
Testi, articoli, e-mail – Ogni forma di testo, anche breve, è tutelata dalla normativa sul diritto d’autore e non può essere copiata, riprodotta (anche in altri formati o su supporti diversi), né tanto meno è possibile appropriarsi della sua paternità. L’unica eccezione prevista dalla legge (art. 70 l. 633/41) è quella di consentire il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o parti di opere letterarie a scopo di studio, discussione, documentazione o insegnamento, purché vengano citati l’autore e la fonte, e non si agisca a scopo di lucro, sempre che tali citazioni non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera stessa. Solo in questa particolare ipotesi si può agire senza il consenso dell’autore. Si deve comunque considerare che pure gli scritti dal carattere non specificatamente creativo (ma divulgativo, comunicativo, informativo), che vengono trasmessi attraverso la rete, beneficiano di tutela giuridica. È il caso ad esempio delle e-mail, che, rappresentando una forma di corrispondenza, sono sottoposte al divieto di rivelazione, violazione, sottrazione, soppressione previsto dagli artt. 616 e 618 del codice penale. Nessun limite di legge sussiste invece per la riproduzione di testi di autori morti da oltre settant’anni.
Musica, MP3, files MIDI – La distribuzione e lo scambio di materiale musicale che avviene tra utenti della rete (in genere sotto forma di file MP3 o WAV) è da considerarsi illegittima se non espressamente autorizzata dall’autore o da chi detiene i diritti economici dell’opera. Un caso particolare è rappresentato dai files MIDI, spesso utilizzati come basi o sottofondi musicali di molti siti Web: trattandosi di elaborazioni dell’opera originaria, esse devono comunque essere autorizzate dall’autore del brano stesso o da chi ne detiene i diritti di utilizzazione economica. Pertanto, per poter utilizzare legittimamente i files MIDI, bisogna essere certi che colui che li ha realizzati sia stato a ciò espressamente autorizzato dal compositore o dall’editore.
Testi delle canzoni – Vale quanto già riferito per le opere testuali in generale: non possono essere riprodotti integralmente, salva espressa autorizzazione dei titolari dei diritti economici. I limiti ora riferiti non sussistono per la riproduzione di musica di autori morti da oltre settant’anni, salvi comunque i diritti dovuti a chi ha eseguito e prodotto la registrazione, comunque da remunerare.
Opere cinematografiche, filmati – Godono di un’analoga tutela. È solo da precisare che, trattandosi assai spesso di opere collettive (realizzate cioè congiuntamente da più partecipanti: regista, sceneggiatore, compositore della colonna sonora, etc.), la loro tutela si estende sino al trascorrere del settantesimo anno dalla morte dell’ultimo dei coautori.
Fotografie – La normativa protegge le opere fotografiche secondo l’art.87 e seguenti (legge 633/41), e tutela “le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere”. Nell’espressione “processo analogo” si potrebbe includere anche la fotografia digitale. In questo caso dunque spettano al creatore della fotografia i diritti esclusivi di riproduzione e diffusione, a meno che tali immagini non siano ottenute nell’adempimento di un contratto lavorativo; in questo caso “entro i limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto” i diritti spettano al datore di lavoro. Bisogna però distinguere se le fotografie hanno o meno un carattere artistico.
Nel caso si tratti di semplici opere fotografiche, al fotografo spettano i diritti esclusivi di riproduzione, diffusione e spaccio (art. 88 l. 633/41), salvo il caso che l’opera sia stata commissionata in seno ad un contratto di lavoro (in tal caso degli stessi diritti sarà titolare il datore di lavoro); la tutela dura venti anni dalla data di realizzazione della fotografia. Tuttavia, per la legislazione italiana vale anche un altro principio, in questo caso piuttosto favorevole alla diffusione delle opere fotografiche: l’art. 90 della l. 633/41 prescrive che per utilizzare in Internet immagini o fotografie altrui occorre riportare per ogni esemplare della foto “il nome del fotografo, o, nel caso previsto nel primo capoverso dell’art. 88, della ditta da cui il fotografo dipende o del committente; la data dell’anno di produzione della fotografia; il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata”. In caso di mancanza di tali informazioni, la riproduzione delle foto non si considera abusiva sempre che il fotografo (o il suo datore di lavoro) non provino la malafede di chi le ha riprodotte.
Le foto artistiche, invece, in base all’art. 2 della Convenzione di Berna del 9.9.1886 (aggiornata dalla convenzione di Bruxelles del 26.6.1948), recepita nel nostro ordinamento con la l.16.2.1953, n. 247, vengono considerate alla stregua di opere dell’ingegno e la loro tutela non è subordinata ad alcuna formalità (quale appunto l’indicazione del titolare dei diritti e dell’anno di realizzazione). Non solo, pure la durata della tutela si estende sino al settantesimo anno successivo alla morte dell’autore, e non al ventennio dalla realizzazione.
Per i ritratti, infine, la legge impone che chiunque voglia esporre, riprodurre o mettere in commercio la fotografia rappresentante l’immagine di una persona, deve preventivamente ottenere il consenso di questa (art. 96 l. 633/41). Il consenso non è necessario se la persona è di particolare notorietà o se è fotografata in virtù di qualche ufficio pubblico che ricopre, o per ragioni di giustizia o di polizia, oppure per scopi scientifici, didattici, culturali, o ancora se la riproduzione è legata a fatti, avvenimenti, cerimonie di pubblico interesse o che comunque si sono svolte in pubblico (art. 97 l. 633/41), salvo che l’esposizione o la messa in commercio arrechino pregiudizio alla reputazione ed al decoro della persona ritratta. Se viene ritratto un personaggio pubblico, la sua immagine non può essere utilizzata – senza la necessaria autorizzazione – per fini diversi dal dare notizie o informazioni su tale personaggio.
Programmi informatici, software, codici, layout – Come per le altre opere dell’ingegno anche la produzione di software e codici informatici è tutelata dal diritto d’autore. Spesso, in questi casi più che in altri, la titolarità dell’opera appartiene ad un soggetto diverso da chi ha materialmente steso i codici perché molti programmatori sono legati da un rapporto di lavoro con le società di software, alle quali spettano quindi tutti i diritti di distribuzione ed utilizzazione economica. La recente l. 248/00 ha previsto particolari ipotesi di reato per i casi di contraffazione e pirateria informatica aventi ad oggetto anche i programmi per elaboratori, e viene tutelata sia la forma sorgente (cioè la sua espressione letteraria intelligibile dall’uomo) sia la forma codice oggetto (cioè la versione elettronica destinata all’elaboratore). La violazione delle norme sul diritto d’autore comporta sanzioni anche penali e di particolare gravità, soprattutto se chi utilizza illegittimamente l’opera altrui lo fa a scopo di lucro. L’art. 171-bis punisce con la pena congiunta della reclusione e della multa le condotte abusive (duplicazione, riproduzione, commercializzazione etc.) relative a programmi per elaboratore (o banche dati). Da sottolineare che è punito anche il fatto che “concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori”. Questa formulazione è importante perché rileva la presenza di nuove fenomenologie di criminalità informatica e intende punire i traffici relativi a cracks (programmi per rimuovere le protezioni) a key-generators (applicazioni in grado di generare codici per lo sblocco di software protetti), e simili.
Banche dati – Secondo l’art.3 le banche dati sono “opere collettive, costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i dizionari, le antologie, le riviste e i giornali sono protette come opere originali, indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono composte”. Secondo la normativa dunque l’opera riceve una tutela in quanto opera d’insieme ed il suo creatore ha diritto di impedirne la riproduzione o la diffusione come opera in sé. I singoli autori inseriti mantengono comunque i propri diritti: ad essi viene infatti permesso di estrarre e riprodurre i propri documenti indicando però la fonte, ovvero l’opera collettiva (o banca dati anche telematica) da cui sono stati tratti.
In conclusione, l’art. 6 della legge 633/41 stabilisce che ogni opera dell’ingegno presente su Internet appartiene, moralmente ed economicamente, al proprio autore e non è possibile copiarla o beneficiarne (tanto a scopo di lucro, quanto per uso personale) senza il consenso esplicito dello stesso autore, che ne autorizzi – magari regolamentandolo – l’utilizzo. L’indicazione del copyright che si trova in molti siti (completa di nome dell’autore o del titolare dei diritti economici, nonché della data) rafforza e rende esplicita la protezione dell’opera, ma anche in mancanza non ci si deve sentire autorizzati a copiare o riprodurre le opere che si trovano sulla rete.
Piani di tutela per il web
La grande facilità di riproduzione delle immagini digitali permette agli autori di rendere immediatamente e facilmente visibili e disponibili le proprie opere, ma nello stesso tempo ne rende estremamente difficile il controllo su un eventuale uso non consentito dall’autore stesso. Una fotografia, un’opera digitale, la grafica di un sito, quando inseriti all’interno di un documento digitale possono essere facilmente prelevati e duplicati, praticamente a costo zero, un’infinità di volte per essere rimessi in circolazione attraverso il Web, fino a rendere praticamente quasi impossibile, spesso, risalire all’autore originale dell’opera.
Se la vulnerabilità del diritto d’autore è divenuta nel tempo infinitamente maggiore, i mezzi messi a disposizione dalla legge e dalla tecnologia per consentire a chi si reputa depauperato dei propri diritti intellettuali ed economici di difendersi sono praticamente rimasti inalterati nel tempo. I metodi di marcatura digitale come il watermark, ad esempio, consentono di marchiare le opere digitali, rendendole così identificabili, ma non ne impediscono comunque la diffusione e la duplicazione, e sicuramente allo stato attuale non è ancora stato messo a punto nessun sistema valido per avere un efficace controllo sul materiale pubblicato sul Web.
Fondamentalmente, i piani di tutela sono due: il diritto morale e quello economico.
Il diritto morale d’autore è l’inalienabile riconoscimento della paternità di un’opera, e rappresenta il diritto di decidere se e quando rendere pubblica un’opera, quello di opporsi ad eventuali modificazioni o a deformazioni che pregiudichino la reputazione dell’autore o dell’opera stessa. Il diritto morale non ha una durata limitata nel tempo, ma bensì è legato in maniera indissolubile all’opera.
Il diritto economico consiste invece nell’aver facoltà di gestire lo sfruttamento dei proventi di un’opera. A differenza del diritto morale, il diritto economico può essere ceduto temporaneamente o definitivamente. Inoltre, esso è limitato nel tempo. In base alla convenzione internazionale di Berna del 1971, lo sfruttamento dei diritti economici di un’opera (sebbene esistano differenze a seconda della legislazione del paese di origine dell’opera) è esercitatile dagli eredi o da chi sia stato in vita cessionario fino a 70 anni dalla morte dell’autore per tutte le opere creative, cioè quelle in cui l’autore abbia lasciato una propria traccia interpretativa, mentre è di soli 20 anni dalla data di realizzazione per le fotografie, sia digitali che su pellicola. Scaduti questi termini un’opera diventa di pubblico dominio e chiunque può riprodurla, utilizzarla o manipolarla senza limitazioni.
Stabiliti questi principi fondamentali, possiamo dire che qualunque opera esteriorizzata, sotto qualsiasi forma, dalla pagina Internet alla scultura in un museo, sono coperte dal copyright, e che quindi solo le opere per cui i termini di copertura che abbiamo citato siano scaduti possono essere liberamente utilizzate senza che nessuno possa vantare diritti su di esse.
http://infouma.di.unipi.it/corsi/Simi/progetti/pizzanelli/tutelaweb01.html
DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2003, n. 196
Codice in materia di protezione dei dati personali
>> http://www.privacy.it/codiceprivacy.html
Lecito ripubblicare articoli altrui?
da http://punto-informatico.it/p.aspx?i=58680
di Andrea d’Agostini (Consulentelegaleinformatico.it) – In rete accade spesso di leggere articoli tratti dalle fonti più diverse. Ma cosa dice la legge italiana in proposito?
Roma – Gli articoli a carattere giornalistico rientrano a tutti gli effetti nella categoria delle opere dell’ingegno, con la conseguenza di essere oggetto protetto della legge sul diritto d’autore, L. 22 aprile 1942 n. 633 (d’ora innanzi lda).
In particolare l’art. 1 lda recita: “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo e che appartengono alla letteratura, alla musica e alle arti figurative qualunque sia il modo o la forma di espressione”. Per ciò che concerne, invece, la riproduzione dell’articolo giornalistico o di una rivista, l’art. 13 Lda introduce il diritto esclusivo per l’autore di riprodurre la sua creazione. Pertanto, riproduzioni da parte di altri soggetti non sono lecite.
Tuttavia, in alcuni casi è possibile riprodurre articoli di giornali o riviste: la norma di riferimento che disciplina la riproduzione dei suddetti articoli da parte dei non autori o editori (in caso di rapporto di lavoro) è l’art. 65 lda, che recita: “Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere, possono essere riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purchè si indichino la fonte da cui sono tratti, la data, il nome dell’autore, se riportato”.
Appare dunque possibile riprodurre un articolo di giornale a patto che si rispettino le seguenti condizioni:
– L’articolo deve essere di attualità a carattere politico, economico o religioso (se appartiene ad altre categorie – come articoli di carattere artistico, culturale, storico, geografico, tecnico o scientifico -, ovviamente, tale riproduzione non sarà possibile, e chi lo farà potrà incorrere nelle sanzioni previste);
– La riproduzione in questione non deve essere stata espressamente vietata da chi ne ha diritto (editore o autore). E’ consigliato, dunque, verificare preventivamente che non ci sia un messaggio in cui si fa espresso divieto di riproduzione o se ne riserva tale facoltà ad alcuni soggetti;
– Vanno citati obbligatoriamente la fonte, la data e il nome dell’autore (se conosciuto).
Ai sensi dell’art. 70 Lda è inoltre possibile riprodurre brani o parti di parti di opere per i soli scopi di critica, di discussione e anche insegnamento, solo ed esclusivamente nei limiti delle finalità poc’anzi elencate e sempre che non costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell’opera. Anche in questo caso sarà necessario menzionare il titolo dell’opera, i nomi dell’autore e dell’editore.
Di diversa applicazione l’art. 101 Lda che disciplina le mere informazioni e notizie ricavabili e attinte da altri giornali o riviste. In questo caso la riproduzione è lecita e libera, tuttavia a condizione che non venga effettuata (la riproduzione) con l’impiego di “atti contrari agli usi onesti” in materia di giornalistica e purché se ne citi la fonte.
Appare chiaro in quest’ipotesi che oltre alla violazione del diritto d’autore è apprezzabile un’ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). La riproduzione, altresì, non deve avere scopo di lucro (inteso sia come guadagno patrimoniale diretto sia come mancato guadagno del titolare dei diritti sull’informazione) e se trattasi di agenzie giornalistiche o d’informazione (titolari dell’informazione stessa) la riproduzione da parte di altri soggetti senza autorizzazione non può essere effettuata prima che siano passate sedici ore dalla loro diramazione e comunque prima che siano state pubblicati da un giornale o da una rivista autorizzati alla pubblicazione (in virtù di un contratto con l’agenzia stessa).
In ultima istanza occorre soffermarsi sulle cosiddette rassegne stampa. Definizioni legislative su cosa debba intendersi per rassegna stampa non ce ne sono; nondimeno si può dire che per rassegna stampa è da intendersi una raccolta di diversi articoli. Premesso ciò, appare pacifico l’applicazione di quanto sopra detto riguardo ai singoli articoli e alle notizie. E lecito dunque procedere ad una rassegna stampa sempre che sui singoli articoli non gravi l’espresso divieto della riproduzione o ne sia riservata a soggetti determinati; ne siano citati fonte, autore e data; la riproduzione non deve avere scopo di lucro e quindi non deve comportarne una concorrenza sleale del soggetto da cui si è attinto l’articolo, se trattasi di imprese che svolgono la loro attività nel medesimo ambito imprenditoriale ed economico.
Alla luce di quanto esposto occorre dire che, in via generale, il diritto di riproduzione lo può esercitare solo il titolare dell’articolo o l’editore del giornale su cui è stato pubblicato (art 13 lda). In via eccezionale, e solo a determinate condizioni, è possibile riprodurre interamente un articolo giornalistico, ossia è possibile riprodurre un articolo che sia di attualità e sia di carattere politico economico o religioso (art.65 lda). E’ obbligatorio citare la fonte, la data di pubblicazione e il nome dell’autore, se presente. Stesso discorso vale per le rassegne stampa che consistono in una raccolta di più articoli.
Per quanto riguarda le informazioni o le notizie attinte da altri giornali, occorre sottolineare che possono essere riprodotte lecitamente e liberamente solo se vengono rispettate le norme di correttezza giornalistica, ossia non si vada a violare le norme sulla concorrenza sleale e il fine perseguito non sia quello di lucro (art. 101 lda).
Per le finalità di critica, di discussione o insegnamento è possibile riprodurre liberamente brani o parte dell’opera e la loro comunicazione al pubblico (art. 70 lda).
Dott. Andrea D’Agostini
www.consulentelegaleinformatico.it
Copyright e Diritto d’autore
Il diritto d’autore è quel diritto riconosciuto dall’ordinamento dello Stato a colui che abbia realizzato un’opera dell’ingegno a carattere creativo; in Italia è disciplinato dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modifiche. In ordine di tempo una delle ultime proviene dalla Legge 22 maggio 2004, n. 128.
Opere tutelate
Vengono tutelate tutte le opere creative (“opere dell’ingegno”), in particolare (ma si tratta di un’elencazione esemplificativa e non esaustiva) quelle che siano riconducibili:
alla letteratura: opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche e religiose (compresi i programmi per elaboratore e le banche dati), sia in forma scritta che orale
alla musica: opere e composizioni musicali, con o senza parole, opere drammatico-musicali e variazioni musicali purché costituiscano un’opera originale in sé
alle arti figurative: opere di scultura, pittura, disegni, incisioni o appartenenti ad arti figurative similari, compresa la scenografia
all’architettura: i disegni e le opere dell’architettura, le opere del disegno industriale che presentino carattere creativo e valore artistico
al teatro: opere coreografiche e pantomimiche (con o senza traccia scritta)
alla cinematografia: opere cinematografiche, mute o con sonoro, fotografiche
Inoltre sono protette anche le cosiddette “elaborazioni di carattere creativo”, come ad esempio le traduzioni in un’altra lingua, le trasformazioni da una forma letteraria o artistica in un’altra, gli adattamenti, le riduzioni, ecc.
Contenuto e durata del diritto d’autore
Si tratta di un istituto relativamente giovane nell’evoluzione del diritto, provenendo maggiormente dalla diffusione della stampa, che consentiva agevoli riproduzioni del materiale concepito da altri. È oggi un argomento centrale del diritto privato, stante la diffusione di nuove forme di comunicazione che facilitano la riproduzione di opere.
Oggetto del diritto d’autore è un bene immateriale, ben distinto dal possesso (od anche dalla proprietà) del mero supporto (cartaceo, fisico, meccanico, magnetico, digitale) sul quale l’opera è fruibile. Il supporto in quanto tale è infatti di proprietà di chi lo acquista (avendone pagato il prezzo per supporto e diritti), ma il diritto d’autore continua a sussitere, perciò il proprietario del supporto non ha facoltà illimitata di utilizzo, bensì solo quelle facoltà di utilizzo che residuano dal diritto immateriale spettante all’autore secondo la legge.
Il diritto nasce al momento della creazione dell’opera, che il nostro codice civile identifica, un po’ cripticamente, in una particolare espressione del lavoro intellettuale.
Contrariamente a quanto spesso argomentato, non sempre disinteressatamente, il diritto sussiste sin dalla creazione, e non vi è obbligo di deposito (ad esempio, presso la SIAE), di registrazione o di pubblicazione dell’opera (a differenza del brevetto industriale e sui modelli e disegni di utilità che vanno registrati con efficia costitutiva)
È bene sottolineare che le norme sul diritto d’autore regolano il diritto di:
– pubblicare
– riprodurre
– trascrivere
– eseguire, rappresentare o recitare in pubblico
– comunicare al pubblico, ovvero diffondere tramite mezzi di diffusione a distanza (telegrafo, telefono, radiodiffusione, televisione e mezzi analoghi, tra cui il satellite e il cavo), compresa la messa a disposizione dell’opera al pubblico in maniera che ciascuno possa avervi accesso nel luogo e nel momento scelti individualmente (le cosiddette fruizioni ondemand)
– distribuire
– tradurre ed elaborare
– noleggiare e dare in prestito
Tutti i diritti elencati sono indipendenti l’uno dall’altro, il che significa che l’esercizio di uno non esclude l’esercizio di tutti gli altri; inoltre tali diritti riguardano sia l’opera nel suo insieme che in ciascuna delle sue parti.
Il diritto consiste di due elementi fondamentali: in primo luogo, il diritto alla nominalità dell’opera (anche detto diritto morale), per il quale ciò che è stato creato dall’autore deve essere riferito all’autore medesimo, evitando che altri si possa gloriare dell’operato di questi. Secondariamente, il diritto contiene la facoltà di sfruttamento economico. Il primo è strettamente legato alla persona dell’autore e salvo casi particolari tale rimane, mentre il secondo è originariamente dell’autore, il quale può cederlo dietro compenso (ma anche gratuitamente) ad un acquirente (meglio sarebbe chiamarlo licenziatario), il quale a sua volta può nuovamente cederlo nei limiti del contratto di cessione e della legge applicabile.
Diritto morale dell’autore
Mira a tutelare la personalità dell’autore e l’attività in cui si materializza la sua creatività. Si specifica in una serie di facoltà:
A) Il diritto d’inedito. È una articolazione della libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 della costituzione.
B) Il diritto alla paternità dell’opera:
L’autore gode del diritto di rivendicare la paternità dell’opera, cioè di esserne pubblicamente indicato e riconosciuto come l’artefice e all’inverso, che non gli venga attribuita un’opera non sua o diversa da quella da lui creata. L’usurpazione della paternità dell’opera costituisce plagio, contro il quale il vero autore può difendersi ottenendo per via giudiziale la distruzione dell’opera dell’usurpatore, oltre al risarcimento dei danni (in caso di opera anonima o pseudonima l’autore può rivelarsi, se vuole, quando meglio crede) e di opporsi a qualsiasi modifica o ad ogni atto che possa pregiudicare il suo onore o la sua reputazione.
L’editore è obbligato a riprodurre e porre in vendita l’opera col nome dell’autore, ovvero anonima o pseudonima, se ciò è previsto dal contratto.
Gli autori dell’opera cinematografica hanno diritto che i loro nomi siano menzionati nella proiezione della pellicola cinematografica.
Il diritto di paternità tutela, oltre a quello dell’autore, anche l’interesse pubblico, garantendo la collettività da ogni forma di inganno o confusione nella attribuzione della paternità intellettuale.
Dopo la morte dell’autore mantengono tali diritti i discendenti. È il diritto morale che regola la pubblicazione delle opere inedite effettuata dagli eredi dell’autore.
C) Il diritto all’integrità dell’opera. L’autore ha diritto ad essere giudicato dal pubblico per l’opera così come egli l’ha concepita. La tutela del diritto morale all’integrità dell’opera riguarda solo quelle modifiche che comportano un concreto pregiudizio per la personalità dell’autore.
D) Diritto di ritirare l’opera dal commercio: il c.d. diritto di pentimento. L’art. 2582 del codice civile prevede che l’autore, qualora concorrano gravi ragioni morali, ha diritto di ritirare l’opera dal commercio. Ha l’obbligo di corrispondere un indennizzo a coloro che hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o mettere in commercio l’opera stessa.
Diritti di utilizzazione economica
Come si legge all’art.25: i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.
Nel caso in cui l’opera sia frutto del lavoro di più coautori, si considera come termine sulla vita il coautore che muore per ultimo.
Nelle opere collettive la durata dei diritti di utilizzazione dell’opera come un tutt’uno è di settant’anni dalla prima pubblicazione.
Per le opere anonime o pseudonime devono trascorrere settant’anni dalla prima pubblicazione (qualunque sia la forma in cui viene effettuata), se l’autore si rivela o viene rivelato da persone autorizzate, l’opera torna a sottostare alle normali leggi.
In caso di parti di opera, di volumi e/o di opere periodiche, la durata dei diritti decorre dall’anno della pubblicazione.
Delle opere pubblicate da amministrazioni dello Stato, fra le quali sono comprese accademie, ed enti pubblici culturali, ed alle quali sono assimilati gli enti privati senza fini di lucro, va notato che il diritto decade dopo venti anni.
Cosa è possibile utilizzare liberamente?
Esistono alcune opere che possono essere, sotto determinate condizioni, liberamente utilizzate. Ecco alcuni esempi (per un elenco completo si vedano gli artt.65-71 della lette 633/41 che regola il diritto d’autore):
articoli di attualità, economici o politico religiosi, pubblicati in riviste o giornali possono essere riprodotti su altre riviste o giornali purché la riproduzione non sia stata espressamente riservata e vengano indicati
– nome della rivista/giornale
– data e numero della rivista/giornale
– nome dell’autore (se l’articolo è firmato)
discorsi tenuti in pubblico, purché si indichi
– la fonte
– il nome dell’oratore
– la data e il luogo in cui è stato tenuto il discorso
il riassunto, la citazione, la riproduzione di brani o parti di opera per scopi di critica, discussione o insegnamento purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera e vengano menzionati:
– titolo dell’opera
– autore
– editore
– eventuale traduttore
Estinzione del diritto economico
Il diritto di utilizzo economico si estingue, nella maggior parte degli ordinamenti occidentali, decorso un certo periodo dalla morte dell’autore; pertanto agli eredi è in genere garantito un periodo di tutela di questo diritto che solitamente copre un tempo equivalente ad una o due generazioni. Attualmente tale tutela nella maggior parte dei paesi occidentali (tra cui l’Italia) è di settantacinque anni dalla morte dell’ultimo dei coautori dell’opera. Il diritto morale non si estingue mai, sempre restando da riferirsi all’autore, in qualunque tempo, la titolarità creativa dell’opera.
Estinto il diritto d’autore, l’opera diviene di pubblico dominio ed è liberamente utilizzabile da chiunque, anche a fini economici, purché sia rispettato il diritto morale alla titolarità artistica.
Libere utilizzazioni
Nell’ordinamento italiano non esiste in concetto di Fair Use, tipico del sistema a copyright, ma esistono il meccanismo delle “libere utilizzazioni” o “limitazioni dei diritti”.
Diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore: diritti relativi al ritratto
Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso del soggetto tranne quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può essere messo in commercio o esposto se pregiudica l’onore, la reputazione o comunque il decoro della persona ritratta.
Diritto di Cronaca
Il diritto di cronaca consiste nel diritto a raccontare i fatti per come accadono, con ogni mezzo ritenuto idoneo. Tale diritto deriva direttamente dalla norma che tutela la libertà di espressione, sancita dall’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il diritto di cronaca si applica in primis ai giornalisti. Con i propri articoli, un giornalista ha il diritto a raccontare dell’avvenimento di un evento di pubblico interesse. Il diritto di cronaca si estende a chiunque, anche non iscritto all’albo dei giornalisti, voglia raccontare ad altri vicende avvenute. Il diritto di cronaca si manifesta quindi attraverso la narrazione di fatti, rivolgendosi alla collettività indiscriminata.
La linea di demarcazione che separa il diritto di ognuno a manifestare il proprio pensiero (caposaldo della Costituzione, art 21, e della Dichiarazione universale dei diritti umani, art 19) ed il reato di diffamazione è sottile e spesso invisibile (l’accusa di reato di diffamazione può scattare se si comunica a più persone qualcosa riguardante un’altra persona, a prescindere dalla verità del fatto raccontato, art 595 CP).
La discriminante del diritto di cronaca nasce dalla necessità della comunità ad essere informata su ciò che avviene all’interno del territorio Statale: secondo l’art. 1 della Costituzione Italiana infatti “Il popolo è sovrano” e deve poter ricevere un quadro dettagliato sia di ciò che accade nel Paese, sia delle persone alle quali delega l’esercizio della sovranità della “cosa pubblica” (res publica). In questo caso la funzione della cronaca è quella di raccolta e diffusione delle informazioni.
I giornalisti durante il loro lavoro, sono tuttavia autorizzati a comunicare al pubblico eventi, situazioni o fatti che rientrano nella sfera intima e privata di una persona nel caso in cui essa desti l’interesse della collettività. Si pensi al caso di artisti, personaggi dello sport e collegabili ad eventi culturali. In tal caso la funzione della cronaca è di mantenere saldo il legame che unisce la collettività al personaggio in questione.
Limiti del diritto di cronaca
I diritti e i doveri dei giornalisti italiani sono contenuti nella legge professionale n. 69/1963, all’art. 2, e l’art. 48 della legge dispone il procedimento disciplinare per gli iscritti all’Albo che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro o alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’Ordine. Il codice di deontologia (Carte Deontologiche) relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica è stato elaborato ai sensi dell’art. 25 della legge n. 675/1996 ed è in vigore dall’agosto 1998.
Esistono dei limiti ai quali attenersi: prima di tutto il fatto raccontato deve essere vero; la forma d’esposizione deve essere chiara, non ridondante ma soprattutto civile, non offensiva e consona al buon costume; inoltre l’evento deve attirare l’interesse pubblico alla conoscenza dello stesso e per questo dovrà rispondere dei requisiti di attualità, utilità sociale e pertinenza (cioè devono essere usate le sole notizie necessarie al racconto della notizia). La mancata soddisfazione di uno di questi tre principi rende invalido il diritto di cronaca.
La Giurisprudenza ha stabilito che i fatti da raccontare devono essere filtrati in base ad un limite coscienziale del giornalista, selezionando cioè gli avvenimenti il cui interesse possa essere condiviso dalla maggior parte del pubblico. Per fissare tali paletti, le Carte Deontologiche sono intervenute stabilendo alcune norme circa la divulgazione delle notizie, ad esempio:
Tutela della personalità altrui
Obbligo inderogabile del rispetto della verità sostanziale dei fatti
Rispetto degli ideali della lealtà e della buona fede
Obbligo a rettificare notizie inesatte e a riparare eventuali errori
Rispetto del segreto professionale sulle fonti delle notizie
Il giornalista che raccoglie notizie è oltretutto tenuto a rendere nota la propria identità, professione e finalità della raccolta, a meno che questo possa far correre rischi per la sua incolumità o vanificare l’esito del suo lavoro.
Per quanto attiene ai minori, invece, è prescritto il divieto assoluto di pubblicare nomi o dati che possano portare alla loro identificazione.
Il codice contiene, infine, l’impegno al rispetto della sfera privata delle persone che svolgano funzioni pubbliche se le notizie o i dati non abbiano alcun rilievo sul ruolo o sulla vita pubblica dei soggetti.
Il giornalista deve quindi sottostare alle norme che tutelano la privacy e la riservatezza dei dati di ogni persona, disciplinati dal decreto legge n. 196 del 2003. L’interessato deve essere preventivamente informato, anche solo oralmente, tramite un’informativa che riporta il trattamento che verrà compiuto sui suoi dati e gli scopi dello stesso; naturalmente egli potrà opporsi oppure fornire il proprio consenso che, tuttavia, non è obbligatorio in casi che adempiono ad un obbligo di legge, come per esempio il diritto di cronaca.
Obbligo all’informazione?
Un giornalista non può essere costretto a pubblicare una notizia, né può essere ritenuto responsabile nei riguardi della collettività per non averla informata.
Si può formalmente parlare di obbligo di informazione con riferimento a quei soggetti che esercitano un servizio dichiarato pubblico dalla legge, perché inteso in favore della collettività. Ad esempio, secondo le leggi di disciplina del sistema radiotelevisivo, l’attività radiotelevisiva ha sempre costituito un servizio di preminente interesse generale, attribuendo alla relativa attività di informazione la massima importanza.
Tale discorso vale anche per la carta stampata, dato che molti quotidiani e periodici a diffusione nazionale assolvono ad una funzione informativa indispensabile per la collettività. Ma nella legge n. 47/1948 (“legge sulla stampa”) non vi è norma sulla quale fondare un obbligo di informazione analogo a quello dei concessionari radiotelevisivi nazionali.
Dati sensibili
Se il trattamento riguarda quelli che vengono definiti “dati sensibili”, ovvero i dati che rientrano nella sfera più intima (salute, orientamento politico, religioso, filosofico, vita sessuale) è necessaria l’autorizzazione del Garante o, in casi più delicati, la notifica al Garante. La mancata informativa può essere punita tramite una sanzione amministrativa.
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Diritto di Critica
Il diritto di critica, come il Diritto di cronaca, è disciplinato dall’art 21 della Costituzione Italiana il quale, nel primo comma, recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Ciò significa che ogni avvenimento può essere sentenziato da qualsiasi cittadino ed è legittimato a farlo dalla Costituzione. Giudicare un fatto di cronaca o un comportamento comune è sostanzialmente diverso dalla pura narrazione dei fatti della quale si fa portavoce il diritto di cronaca. La differenza sostanziale tra i due sta nello scopo con il quale nascono: la cronaca è una schietta narrazione dei fatti così come sono avvenuti, l’obiettivo è quello di informare la comunità, mentre la critica, proprio perché esprime un giudizio, è soggettiva e dà molto più peso ad uno specifico punto di vista piuttosto che al fatto in sè. Per la sua componente di soggettività, la critica genera (ed è giusto che sia così) dissensi e consensi.
Limiti del diritto di critica
Il diritto di critica deve comunque rispettare dei limiti. Come il diritto di cronaca, il giudizio deve poggiarsi su un fatto vero o collettivamente riconosciuto. Naturalmente se il giudizio riguarda un fatto di cronaca la veridicità risiede nello stesso, ma se invece ha per oggetto qualcosa che si protrae nel tempo, come una situazione alla quale si è arrivati dopo anni di scelte o comportamenti sbagliati, allora la critica si basa maggiormente sul dissenso per quello che è avvenuto, in modo da rendere partecipi anche altri della propria idea.
L’avvenimento per il quale si esprime il giudizio deve stimolare l’interesse pubblico alla conoscenza delle varie opinioni a favore o contrarie ad esso. Questo vuol dire che non si può giudicare o rendere pubblica una notizia che riguarda i fatti privati di perfetti sconosciuti. Se la critica deve generare una reazione da parte del suo pubblico (che sia positiva o negativa), allora deve toccare avvenimenti dei quali la comunità può sentirsi partecipe, per i quali sia incuriosita e stimolata a dover “dire la sua”. È su questo che trova il suo fondamento il diritto di critica.
Un’altra accortezza che si deve avere quando si manifesta una propria idea è la continenza con la quale si fa. La forma espositiva infatti deve essere chiara, provocatrice ma non offensiva e immorale.
Poiché il diritto di critica potrebbe legittimare una manifestazione di pensiero su fatti privati di persone notoriamente conosciute, star del cinema, della tv, dello sport ecc.. (questo rende valido il requisito di interesse pubblico del diritto di critica), non deve sfociare nella diffamazione della persona in questione. La diffamazione infatti è considerata dalla Giurisprudenza un reato sanzionabile con pene sia civili che penali. Inoltre il diritto di critica deve attenersi ai limiti di privacy che tutelano la riservatezza di ogni cittadino (famoso o meno): per questo non si possono giudicare e rendere pubblici comportamenti di persone note (anche se li si ritiene sbagliati e criticabili) senza che prima questi siano divenuti oggetto di cronaca.
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Diritto d’autore italiano
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